"Ho amato Berlusconi di amore sincero. E non no mai invitato nessuno alle sue feste". È arrivato il giorno di Nicole Minetti. Nell'aula del processo per il caso Ruby l'ex consigliere regionale del Pdl si è presentata questa mattina per rendere dichiarazioni spontanee al tribunale. Per la Minetti, come per i suoi coimputati Lele Mora e Emilio Fede, la Procura della Reoubblica ha chiesto la condanna a sette anni di carcere per induzione alla prostituzione minorile. L'accusa più grave è quella relativa a Ruby, che all'epoca dei fatti era minorenne.
Nicole Minetti aveva fatto sapere nelle scorse udienze attraverso i suoi legali che dopo la requisitoria dei pm avrebbe chiesto di prendere la parola. E così è stato. Abbronzata e in giacca nera, ha preso la parola restando seduta tra i suoi legali. Apparentemente non emozionata. Come va?, le chiedono i giornalisti. E lei: "una favola".
Ma le sette pagine che poi legge davanti ai giudici che dovranno decidere la sua sorte è un racconto appassionato, polemico, e a tratti drammatico. "Vorrei i anzitutto dire che questa storia ha scatenato su di me e solo su di me una feroce campagna di diffamazione portata avanti da giornali, tv e rete web senza precedenti, fondata su cattiveria e malvagità sulla cui origine bisognerebbe indagare", esordisce.
"La mia presenza in consiglio regionale e in questa aula è stata occasione scatenante di qualsiasi nefandezza. All'aggressione mediatica è seguita una ondata di disprezzo, vengo insultata per strada, al ristorante, ovunque. Ho dovuto presentare denunce e querele". E ai giudici la Minetti consegna la copia di una di queste denunce , presentata alla Procura della repubblica di Milano, in cui riferisce i dettagli - spesso incresciosi - delle minacce e degli insulti che le vengono rivolte.
"Degna conclusione di questa inverosimile storia è la richiesta di condanna. Spero che un giorno qualcuno riesca a spiegarmi cosa ho fatto di così terribile. Le parole dei miei accusatori sono lontani sideralmente dalla verità di quanto è accaduto". Poi ha ripercorso la storia del suo arrivo a Milano per studiare nel 2006, i lavoretti come hostess alle fiere e poi in TV, "avevo successo ai casting per il solo motivo che sapevo ballare, da sempre. E Berlusconi all'epoca non lo conoscevo". Ma poi, grazie a Maristelle Polanco, arriva l'incontro con il Cavaliere. Che fin dall'inizio avrebbe avviato nei suoi confronti un "discreto corteggiamento". Io, dice la Minetti, "fui da subito affascinata dalla personalità e dal carisma che esercitava su di me. Nacque grande amicizia che sfociò in relazione.Tengo a precisare una volta per tutte che si trattava di un sentimento vero". Ed è un modo per scaricarsi di dosso l'accusa forse più infamante che le è stata lanciata durante la requisitoria, anche se questo non sarebbe di per sè un reato: quella di essersi lei stessa prostituita ad Arcore, accettando di avere rapporti sessuali con Berlusconi solo in cambio del suo denaro. " Il nostro era un rapporto che ho sempre considerato esclusivo".
Da allora, ammette diavere ricevuto dal Cavaliere aiuti e favori. Compreso quello per entrare in consiglio regionale, una scelta che ora la Minetti sembra rimproverarsi: "Sono entrata in politica con un ruolo di responsabilità per cui non ero pronta. Ma nemmeno questo giustifica l'odio verso di me. Non sono stata certo l'unica a avere un posto nel listino bloccato".
Nel merito dei capi di imputazione entra solo alla fine, e quasi di sfuggita. Per dire che le cene di Arcore erano più o meno quelle che "ho descritte con toni esuberanti e scherzosi che ben si addicono a una conversazione tra vecchie amiche" parlando con la Melania Tumini, diventata poi la principale teste dell'accusa (" mi ha tradito e colpito alle spalle"). L'importante per lei è rivendicare, più che la correttezza formale di quanto accadeva ad Arcore, il proprio ruolo assolutamente marginale nella organizzazione delle feste. "io non ho mai invitato nessuno", dice. Nè le cosiddette Olgettine, nè tantomeno Ruby: "l'ho conosciuta lì, e non ho mai pensato che la sua età fosse diversa da quel che diceva".
Restano due nodi: il ruolo nella gestione della casa di via Olgettina, e nei fatti del 27 maggio, quando si fece affidare Ruby. Ma entrambi, dice la Minetti, furono atti di cortesia: il primo verso ragazze che non avendo un posto fisso faticavano a intestarsi il contratto di affitto, il secondo "che mi venne richiesto dal Presidente" era solo "un atto formale per consentire a Ruby di tornare casa sua e non passare la notte in questura".
"Non capisco cosa posso avere organizzato perché non ho organizzato nulla Sono accusata con un puro teorema basato
un un malcelato moralismo. Spero che il tribunale mi faccia giustizia distinguendo tra giudizi morali e responsabilità penali". Solo il 12 luglio, quando arriverà la sentenza, si saprà se è riuscita a convincere i giudici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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