Il ruolo chiave di Mussari nel sabotare il Cav

Perché fu difesa con pervicacia la presidenza di Giuseppe Mussari all'Associazione bancaria anche quando l'arrivo di Alessandro Profumo a Siena evidenziava i guasti accumulati? Perché chi è oggi sotto scacco aveva svolto un ruolo tale per conto di Giovanni Bazoli da non essere sostituibile. Quando nella prima metà del 2011 scattò la manovra per destabilizzare il governo, tra gli arruolati si trovò Emma Marcegaglia che pur dal 2008 al 2010 aveva contribuito a reggere sul fronte della crisi globale. Da lei arrivò nel novembre 2011 un attacco frontale a Silvio Berlusconi chiedendo con un documento persino l'introduzione di una patrimoniale e affiancandosi a banchieri sino a quel momento considerati una controparte. Dall'autunno 2011 in poi costantemente a fianco dei confindustriali ci fu la «badante» Mussari a garanzia della tenuta dell'operazione in corso. In pochi mesi settori decisivi del mondo bancario si attivarono per liquidare il governo: le ultime dimissioni dal Pdl (Roberto Antonione, Giuseppina Destro, Fabio Gava) ebbero tutte sponsor finanziari. Da qui il governo Monti scherzosamente definito «di Larga Intesa» e da qui l'azione mirata a privilegiare le banche tra tutti i soggetti economici. Lo scandalo del Monte dei Paschi è ancor più eclatante perché a quella banca sono arrivati più o meno la stessa quantità di soldi tolti ai cittadini con l'Imu. E, mentre si sono forzate - in parte inevitabilmente in parte grazie all'arroganza dei tecnici - le aspettative di chi pensava di poter andare in pensione a 60 anni e da un giorno all'altro si è trovato a dover pianificare altri cinque anni senza previdenza, mentre si è pasticciato sugli esodati, nello stesso tempo si sono attuati prepensionamenti per migliaia di lavoratori delle grandi banche sotto i 60 anni. È evidente come l'aver sabotato il governo nazionale con intrighi internazionali e toghe politicizzate, abbia determinato condizioni di emergenza tali da rendere inevitabile l'esigenza di «salvare» il sistema bancario. Ma è grave che ciò si sia fatto difendendo i responsabili di questa situazione (come Mussari) e senza usare il momento - come prima opportunamente aveva fatto Giulio Tremonti - per condizionare, a un maggiore sostegno all'industria i gruppi bancari. In qualche modo centrino élitista e Pd su questa linea prospettano oggi continuità con il governo Monti. Da qui quei grandi banchieri che mettono il genero nel «centrino» e il nipote nonché il giornalista di fiducia nel Partito democratico. C'è pero chi, in questo quadro, parla di un'indipendenza di Monti provata dalla freddezza dimostrata dai quotidiani nazionali più esposti alle opache influenze del sistema finanziario.

In realtà si tratta di contraddizioni derivate dalla complicata ambizione di governare sia il centrino sia la sinistra. È, peraltro, duro voler unificare e perdipiù elitisticamente una nazione che si è così tanto contribuito a disgregare. E il caso Mussari è solo una delle contraddizioni che presto esploderanno.

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