Se l'Italia diventa un set di un'infinita spy story

Dal Bayesian ai dossieraggi: l'Italia di questi ultimi mesi assomiglia al set cinematografico di una disarticolata spy story

Se l'Italia diventa un set di un'infinita spy story
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In un Paese dove si consuma una guerra tra bande locali e internazionali, la vera sfida del potere non è più conquistarlo, ma conservarlo. L'Italia di questi ultimi mesi assomiglia al set cinematografico di una disarticolata spy story in cui i protagonisti, del tutto sconnessi fra loro, camminano su un vero e proprio campo minato. Misteri, ricatti, infiltrazioni, società segrete e società-schermo per le attività di intelligence. Dalla nave Bayesian con a bordo il tycoon britannico Mike Lynch, nonché il presidente di Morgan Stanley International Jonathan Bloomer, affondata quest'estate al largo di Porticello, fino ai conti correnti di Giorgia e Arianna Meloni spiati da un bancario di Bari. È tutta una caccia a responsabili e mandanti, talpe e spioni, cortocircuiti ed errori umani.

In mezzo a questi due fatti sopra menzionati, c'è stata in realtà una catena di storie che da sole fanno sceneggiatura - anche se a volte il confine tra epica e commedia diventa sottilissimo -: il dossieraggio dei membri governo; l'hackeraggio dei server del ministero della Giustizia da parte di un 24enne, tale Carmelo Miano; gli «smart-occhiali» della consigliera Maria Rosaria Boccia dentro Palazzo Montecitorio; e ancora il «fantasma» di Cristiana Barsony-Arcidiacono, siciliana trasferitasi all'estero, Ceo di una società ungherese, la Bac Consulting, e sospettata di avere avuto un ruolo nella manomissione dei cercapersone e dei walkie-talkie esplosi tra le mani degli affiliati di Hezbollah in Libano.

È la guerra senza frontiere del micropotere alla prova del potere. Del potere ben sopra la testa del micro-potere. In una Penisola trasformatasi - o forse lo è sempre stata - in centro di reclutamento, terreno di scontro di grandi potenze, zona franca in ebollizione di giornalisti contro magistrati, contro politici, contro uomini e donne dei servizi. L'Italia ricorda - a proposito di grandi film western - un grande saloon in cui campeggia un cartello con scritto: «Non sparate sul pianista», o meglio un set che prova a tenere fuori i civili innocenti dai piccoli e grandi intrighi nazionali e internazionali.

Se solo questo Paese avesse la capacità e il coraggio di raccontare la propria storia al mondo, diventerebbe una fucina di narrazioni individuali e collettive. Invece continua a farsela raccontare dagli altri. Oppure diventa tutto cronaca rosa, gialla, nera.

E inevitabilmente il racconto si riduce in storie di «talpette» e di zanzare, di affari interni privi di alcuna proiezione globale. Così ogni situazione grave è sempre una questione poco seria, oppure ogni guerra, alla fine, diventa una partita di calcio.

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