Berlusconi torna a Roma controvoglia. Lo descrivono determinato e forte ma il suo umore tende al nero. Non passa giorno che da sinistra non arrivino pessimi segnali. «Mi vogliono distruggere», ripete a mo' di sfogo. Anche ieri, sebbene il Senato non abbia calendarizzato la data del voto in Aula per la decadenza definitiva, dai democratici sono arrivate indicazioni più che bellicose. Una su tutte: l'apertura del capogruppo del Pd, Luigi Zanda, all'ipotesi del voto palese in Aula per evitare eventuali franchi tiratori il giorno del voto sulla decadenza. Un assalto in piena regola, in barba ai regolamenti in vigore, per uccidere definitivamente il Cavaliere.
L'ex premier non è stupito più di tanto da questo atteggiamento: dal Pd non si aspetta più nulla. Il vero nodo è come reagire di fronte a quello che Berlusconi considera un vero e proprio omicidio politico.
Il problema è uno solo ma drammatico: come si comporterà il suo Pdl? Il Cavaliere, dentro di sé, è convinto che non sia possibile continuare a collaborare con chi ti vuole distruggere. Lo ha detto più volte e lo ribadisce anche in queste ore: «Ma come si fa a stare insieme se l'alleato ti pugnala alle spalle?», si sfoga con i suoi. Il pollice verso in Senato potrebbe quindi essere la miccia che fa deflagrare la bomba sotto il tavolo delle larghe intese. Già, ma i «ministeriali» pidiellini come si comporterebbero? Alfano, i ministri e i pezzi di partito che a lui fanno riferimento, sarebbero disposti a ingoiare pure l'assassinio di Berlusconi in nome della stabilità di governo? Ecco il capitolo spinosissimo da affrontare assieme ad Alfano; ecco il motivo del faccia a faccia in programma nella notte a Palazzo Grazioli, sebbene il vicepremier sia impegnato a Palazzo Chigi nella stesura della legge di stabilità. Il partito è diviso e lacerato proprio su questo punto e urge trovare una sintesi per scongiurare che la spaccatura si compia.
Berlusconi consulta tutti. Sia i lealisti, capeggiati da Raffaele Fitto (che dovrebbe incontrare oggi), che lo sostengono senza se e senza ma e gli chiedono di tornare alla guida del movimento senza tentennamenti, costi quel che costi. Sia i cosiddetti «mediatori» alla Matteoli e Gasparri che a tutto antepongono l'unità del partito: «Non dobbiamo e non possiamo dividerci. Faremmo solo il gioco della sinistra che non vede l'ora di frantumarci», gli ripetono in coro. Il Cavaliere ascolta, teso. A questo punto, deve soltanto capire da Alfano in persona se i suoi sarebbero disposti a staccare la spina al governo se sarà decadenza; o se si limiteranno a una vibrante lagnanza ma continueranno a collaborare con chi ha appena assassinato politicamente il leader dei moderati. Si preannuncia, quindi, un incontro teso e aspro tra il Cavaliere e il suo delfino. Ma Berlusconi ha già deciso: «Non vedo proprio come Letta possa pensare di andare avanti se il suo partito mi fa fuori».
Che il cammino della maggioranza rischi di essere ancora zoppicante, lo conferma pure il capogruppo al Senato, Renato Schifani, decisamente non inseribile nella schiera dei superfalchi.
Ma proprio gli spifferi di Palazzo Madama raccontano di una vera e propria caccia al responsabile da parte degli alfanidi: cercare nuove truppe disposte a non obbedire al Cavaliere qualora arrivi l'ordine di dire basta alle larghe intese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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