Lo sfogo di Berlusconi: il Senato al partito dei pm

Il Cavaliere ai suoi: stima per Grasso, ma in questo momento affidargli l'incarico significa infuocare il clima con le Procure. Pd e Sel occupano militarmente le istituzioni

Lo sfogo di Berlusconi: il Senato al partito dei pm

È la sua prima volta da senatore, con tanto di occhiali scuri a causa dei postumi della congiuntivite. E con una qualche irritazione per l'elezione del piddino Grasso a presidente del Senato. Nessuna obiezione sulle qualità e le doti dell'ex procuratore nazionale Antimafia, anzi sembra che il Cavaliere ne abbia una certa stima.

Il punto, però, è che dopo l'arrivo della Boldrini (Sel) alla Camera, la speranza era quella di una «soluzione istituzionale» per Palazzo Madama. Perché - è il senso di quel che dice il leader del Pdl a diversi senatori - con «un Paese diviso in tre» tra centrosinistra, centrodestra e M5S «è assurdo che la seconda e terza carica dello stato vadano tutte a una sola parte» che rappresenta poco più del 30% degli italiani. Peraltro, si è sfogato Berlusconi sempre in privato, si è deciso di mettere al vertice del Senato un uomo che «nei fatti rappresenta il partito delle procure», lo stesso che «in questi ultimi mesi sta facendo di tutto per annientarmi». Ed è proprio questo uno dei punti dolenti per il Cavaliere che considera la scelta inadeguata proprio rispetto al momento. Che la tensione tra Berlusconi e le magistratura non sia mai stata così alta non è infatti un mistero per nessuno, basti pensare alla manifestazione al tribunale di Milano di tutti i parlamentari del Pdl e a quella che si sta organizzando a Piazza del Popolo per il 23 marzo. Insomma, se la scelta di Schifani poteva essere una sorta di «segnale di pacificazione», la nomina di Grasso è per Berlusconi una vera e propria «dichiarazione di guerra» oltre che la certificazione di «una occupazione militare delle istituzioni» da parte di Pd e Sel.

In privato, dunque, il Cav è durissimo ed è pure convinto che il doppio voto di ieri precipiti la situazione verso il voto anticipato. In pubblico, però, l'ex premier tiene una linea più prudente, soprattutto verso Grasso a cui riserva più di un applauso durante il suo discorso di insediamento e pure una stretta di mano con tanto di complimenti. Certo, il volto scuro con cui Berlusconi lascia Palazzo Madama tradisce il suo fastidio. Forse anche per una partita che qualcuno gli aveva lasciato intendere fosse più aperta, tanto dal decidere all'ultimo momento di prendere l'aereo e presentarsi a Roma accompagnato dalla sempre presente Mariarosaria Rossi (anche lei eletta al Senato). In verità, la possibilità che i senatori di Scelta Civica votassero per Schifani pare sia tramontata ad ora di pranzo, anche se il presidente uscente non ha affatto gradito che Monti abbia imposto ai suoi di entrare e uscire rapidamente dal seggio così dall'avere la certezza che non scrivessero nulla sulla scheda e che rimanesse bianca. Uno «spettacolo squallido», si è sfogato in privato Schifani.

La partita del Cavaliere, dunque, si sposta sul Quirinale. Perché è sul successore di Giorgio Napolitano che vuole mettere bocca. E probabilmente sarà proprio il Colle - le votazioni iniziano il 15 aprile - a condizionare qualunque mandato esplorativo possa affidare nei prossimi giorni Napolitano. Ma con numeri che restano risicatissimi per formare un governo e con le sentenze in arrivo (primo grado Ruby e appello diritti tv con la Cassazione che potrebbe arrivare entro fine anno). Già, perché sulla partita in corso continuano a pesare i processi e il rischio che i toni si alzino ancora di più. A quel punto, sarebbe inevitabile il ritorno alla piazza e probabile quello alle urne, se non a giugno a ottobre.

Non è un caso che prima di entrare in Senato, insultato da un gruppetto di contestatori, Berlusconi parli di «azioni eversive» di una parte della magistratura. Con un affondo per Monti («assolutamente ininfluente con il suo 10%») e uno per il M5S («una setta tipo Scientology che non meriterebbe nemmeno di essere ammessa nelle istituzioni»).

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