Il tabù tedesco dei due italiani in una stanza

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Uno spettro si aggira per l'Europa: è l'eterno candidato Enrico Letta. A fare il suo nome per la poltrona di presidente del Consiglio europeo (...)

(...) sarebbero stati informalmente gli inglesi, appoggiati, secondo alcune cronache, dal numero uno uscente Herman Van Rompuy. Un riconoscimento dello standing internazionale dell'ex premier, ma anche un boccone avvelenato per Matteo Renzi. L'inquilino di Palazzo Chigi ha reagito al ballon d'essai facendo finta di niente, a costo di peggiorare ulteriormente i rapporti con il suo predecessore. È il segno di un legame personale che non mostra segni di ricuciture ma anche il desiderio di non sbattere contro un muro, che prima o poi avrebbe finito per rivelarsi invalicabile, e che si chiama Germania. Angela Merkel, si sa, ha grande stima per Letta, ma ha anche un'attenzione spasmodica per i suoi elettori. Difficilmente sarebbe riuscita a presentare con successo all'opinione pubblica tedesca un nuovo organigramma europeo guidato da due italiani come Letta e il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, in grado di chiudersi in una stanza e salvare le finanze della prodiga Italia a spese del contribuente teutonico (questa almeno è la visione del tedesco medio). Così in Renzi realismo e inclinazione personale hanno indirizzato la decisione: quella di tenersi alla larga dal tentativo britannico di sparigliare il giro delle nomine europee e di complicare la mediazione a cui si stava lavorando. Nella conferenza stampa di ieri lo stesso Renzi ha di fatto ammesso che nel manuale Cencelli della politica continentale all'Italia spetta in questo giro un ruolo ben definito: importante dal punto di vista del cerimoniale ma anche di poco peso politico-economico. La delegazione italiana è la prima nel gruppo socialista all'europarlamento, gestito da una Grosse Koalition socialisti-popolari. Ma è troppo delicata la posizione di bilancio della Penisola, troppo importante il ruolo di Draghi, per ottenere altre poltrone da cui si comanda davvero.


Da questo punto di vista l'incarico di Alto rappresentante per la politica estera è perfetto. Fino ad ora l'ha gestito Lady Catherine Ashton, che in Gran Bretagna si era messa in vista per aver guidato brillantemente una Asl. Federica Mogherini difficilmente potrà far peggio.

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