Tobin tax, vessillo no global che uccide il libero mercato

La tassa adottata dall'Italia getta sabbia negli ingranaggi della finanza: sposterà gli scambi dai Paesi dove è in vigore a quelli in cui non è prevista

Tobin tax, vessillo no global che uccide il libero mercato

L'Italia ha adottato la Tobin Tax sulle transazioni finanziarie che dovrebbe colpire con lo 0,1% le operazioni su azioni e obbligazioni e con lo 0,01 quelle su derivati. Queste sono un volume enorme. In parte sono trading allo scoperto. Spesso servono invece per assicurarsi sul rischio di cambio nel commercio estero, sull'oscillazione di prezzo nelle materie prime, sui rischi nei tassi di interesse e così via.

Questa tax è contraria al libero mercato. Infatti ha lo scopo dichiarato di «mettere la sabbia negli ingranaggi del mercato finanziario» Il suo effetto è anche quello di spostare gli scambi finanziari dagli Stati che metteranno la sabbia fiscale negli ingranaggi agli Stati ove non si farà ciò, come la piazza di Amsterdam, nell'Eurozona. Poiché il tributo sarà applicato in undici stati nell'Unione Europea, ne restano altri oltre all'Olanda, in cui esso non c'è. La Tobin tax, così, avrà un effetto di messaggio giustizialista, come i raid del fisco italiano a Cortina e altrove per fare pagare l'Iva ai negozi e ai pubblici esercizi. Il turismo si è spostato altrove, in parte in Italia, ma soprattutto fuori. E il gettito dell'Iva non è migliorato. Così si è dovuta aumentare l'aliquota, su chi già paga, perché il meccanismo in questione mentre getta polvere negli occhi della pubblica opinione è inefficace. Analoga, ma non identica la sorte prevedibile per la Tobin tax, che favorirà le banche italiane che hanno filiali in stati ove essa non si paga, a danno di quelle che non le hanno. Essa darà un gettito soprattutto a carico dei meno furbi, che opereranno con la loro banca tradizionale, in modo tradizionale.

Non è comprensibile perché il governo Monti abbia aderito a questa imposta, pur essendo ufficialmente fautore delle liberalizzazioni e, in genere (ma con eccezioni per le piccole proprietà private di immobili) del libero mercato. La sola giustificazione che trovo è che il premier Monti è stato allievo dell'economista neo keynesiano James Tobin, che ha dato il nome a questo tributo, vessillo dei no global. Tobin era un economista equilibrato e spesso saggio, ma in quanto seguace di Keynes aveva anche il peccato originale delle perversioni teoriche keynesiane, che hanno fatto danni all'umanità incalcolabili. In effetti fu Kenyes, che speculava a Wall Street il primo a teorizzare questa imposta.
Si afferma che la Tobin tax occorre perché ci sono desk finanziari collegati a banche che fanno operazioni senza copertura creando talora perdite enormi in banche, che poi gli stati sono chiamati a salvare, per evitare il panico dei risparmiatori. Ma per ovviare a ciò servono regole appropriate, una buona vigilanza e parametri patrimoniali calibrati ai diversi rischi di queste attività. La Tobin Tax invece, mentre punisce gli scambi in quanto tali, è una scusa per non porre le buone regole, i parametri patrimoniali e la vigilanza della Banca centrale europea o per ritardarli e annacquarli. Al progetto di unione bancaria europea, con le banche sotto il controllo della Bce, si oppongono le grandi banche della Germania e della Francia. E sono proprio Berlino e Parigi che hanno voluto al Tobin Tax, cui l'Italia ha aderito, dando un voto decisivo per la sua attuazione, che necessitava di almeno undici stati. A un certo punto si era detto che la Tobin tax sarebbe stata applicata alle transazioni finanziarie, per creare un fondo interbancario di garanzia, a favore del complesso delle banche che vi sono sottoposte. In tal caso il tributo non sarebbe stato una imposta, ma una tassa per un servizio: una sorta di assicurazione obbligatoria contro i rischi come la Rca per le auto. Invece per le banche a rischio provvederà il nuovo Fondo di stabilizzazione finanziaria (Mes), con 700 miliardi, cui l'Italia contribuisce per il 18% per ogni sua erogazione.

Non mi pare che l'architettura finanziaria europea stia seguendo i principi di un'economia di libera concorrenza, in cui ciascuno è responsabile per i costi ed ha i benefici delle proprie scelte.

E, in cui, i gravami fiscali sono la contropartita dei servizi pubblici. Mi pare che si inaspriscano le imposte per una linea di rigore generica, in cui alla fine è soprattutto il risparmiatore del ceto medio e medio-piccolo che paga, senza corrispondenti benefici.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica