Veleni Pd su Renzi: «Ha speso tre milioni»

Duro attacco dell'ex tesoriere Ds Sposetti: "E comunque non vincerà le primarie". Il sindaco: "Cifre in libertà"

Veleni Pd su Renzi: «Ha speso tre milioni»

Di finanza Matteo Renzi parlerà nel comizio di chiusura sabato prossimo a Siena. Ugo Sposetti, tesoriere storico del Pds-Ds-Pd, i conti li fa subito, nelle tasche del sindaco di Firenze: «Parlano di volontari, ma raccontano balle. Cercheranno di dire che la Leopolda non rientra nei costi della campagna, invece è costata circa 350mila euro. Il tetto è 200mila. Finora Renzi ha speso circa due milioni e 800mila euro». «Cifre in libertà, inverosimili, Sposetti è recidivo. La Leopolda costa poco sopra i 100mila euro, la documentazione della campagna sarà presto on line», l'iniviperita reazione dello staff.

La sfida delle primarie del Pd torna a battere dove più duole il dente: lo spropositato costo della politica e, più in generale, il rapporto tra economia, finanza e partiti della sinistra. Sposetti, pur parlando di corda in casa dell'impiccato, motiva così il suo disgusto per il sindaco arrivista: «Non mi va di essere comandato da uno che come spin doctor ha un signore con le società alle Cayman. L'attacco all'euro e al debito pubblico italiano non è partito da un convento di suore, ma da quelli che hanno le società nei paradisi fiscali come Serra». E mentre Bersani sta alla larga da una polemica assai impervia, Nichi Vendola può vantare «mezzi francescani» e fa di necessità virtù: «È una campagna elettorale splendida per chi, come noi, non dispone di aerotaxi, jet privati e amici delle Cayman...». E se Renzi fa del supporter Serra motivo d'orgoglio, sarà comunque interessante alla fine sapere dove abbia preso i soldi della dispendiosa campagna, chi l'ha finanziato e perché. Contribuenti italiani obbligati e inguaribili filantropi a parte, infatti, chi ci mette i soldi di solito vuole avere un ritorno. O, almeno, quel minimo di riconoscenza «tangibile» che serve nella vita.

Ma questo si vedrà in futuro se, come tutto lascia pensare, il sindaco al termine dell'ubriacante avventura resterà col bicchiere vuoto in mano. Ha già dichiarato di non accettare «premi di consolazione» e, da ieri, anche che «ho le stesse possibilità di diventare Papa che segretario». I sondaggi lo danno ancora sotto e l'aria che si respira tra i 12mila accorsi nella tre giorni della Leopolda non è esattamente quella del trionfo. Lo prova quel plus di veleno polemico che Renzi aggiunge alla pietanza, specie nei confronti di Rosy Bindi, ormai sostituitasi a D'Alema come simbolo della ridotta dei «vecchi». «Rosy, rispetta l'ambiente: se vinciamo noi, il modulo per la deroga non lo stampare nemmeno», urla il sindaco dal palco. «Sulle deroghe per ricandidarsi decide il partito, non Renzi. Dopo le primarie aprirò un dibattito impietoso nel Pd», fa sapere la presidente piddina, visibilmente in attesa di tremenda vendetta. Ed è un po' quello che si attendono i leopoldini, di essere «asfaltati» in caso di sconfitta. Anche per questo il sindaco, dopo l'esercito dei 40mila vigili anti-broglio con adeguato vademecum di comportamento, sembra praticare la rianimazione bocca a bocca, il richiamo all'entusiasmo e alle urne degli indecisi. Ricorda che non è previsto «nessun piano B» (una corrente), che la «partita si gioca sul filo dei voti», che grazie a lui «il Pd è al 30 per cento» e ora con lui potrebbe andare a prendersi voti berlusconiani, «senza appaltare il servizio a Casini».

Vogliamo vincere, ripete ossessivo, «basta lamentele, chi si ritira all'ultimo km non è un romantico, è un vigliacco». Vincere male meglio che perdere bene, l'ultimo slogan. Non a caso, pare quello di un mister che lotta per la salvezza.

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