Vergogna compiuta

La Digos in redazione: Sallusti deve scontare la pena ai domiciliari. Poi riunioni, interviste e telefonate. VIDEO Sallusti agli arresti: adesso ingiustizia è fatta

Vergogna compiuta

L’ordine di carce­razione è final­mente arrivato. Arresti domici­liari, ha infine scelto la Procu­ra di Milano con una ordinan­za firmata, cosa inusuale, dal solo procuratore capo, Bruti Liberati, e non dal pm che ave­va in carica la pratica. Già que­sto la dice lunga sul fatto che si tratta di una decisione poli­tica (attraverso un commissa­riamento) a tutela non mia ma di quei giudici scellerati che in Appello prima e in Cas­sazione poi han­no sentenzia­to per me 14 mesi di detenzio­ne.

Vogliono alleggerirsi la co­scienza e del resto basta legge­re le due paginette con le mo­tivazioni per capire come il povero Bruti Liberati abbia dovuto arrampicarsi sui vetri per evitare di mandarmi in galera. Dovrei ringraziarlo, ma non lo faccio, perché il solo dubbio che qualcuno mi ab­bia aperto una corsia prefe­renziale rispetto alla strada su cui ogni anno vengono av­viati migliaia di disgraziati nelle stesse mie condizioni le­gali mi farebbe orrore. Se poi questo avviene per salvare la faccia della categoria dei miei aguzzini, peggio mi sen­to.

La sostanza comunque non cambia. Sempre di priva­zione si tratta. Non c’è la vio­lenza fisica dell’impatto col carcere, resta quella psicolo­gica e pratica della privazio­ne delle libertà fondamentali per un reato di opinione che solo un giornalista forcaiolo (Luigi Ferrarella) di un quoti­diano in malafede e in decli­no di copie e autorevolezza (il Corriere della Sera ) ha avu­to il coraggio di definire «attri­buzione consapevole a qual­cuno di atti falsi». Ferrarella ovviamente non ha il corag­gio di citarmi, pratica vigliac­ca in voga al Corriere fin da quando titolarono «Gambiz­zato un giornalista» per raccontare l’agguato a Monta­nelli, il cui nome fu omesso dal titolo.

Ferrarella è come i magi­strati del mio caso, cercano di stuprarti ma usano la vaseli­na, perché si sentono perso­ne perbene e generose. Ma non ci riusciranno, perché lo dico da subito al magistrato di sorveglianza che dovrà vigi­lare sulla mia detenzione, io non rinuncerò neppure a una delle mie prerogative. Con l’assenso dell’editore (che ringrazio) e l’aiuto dei colle­ghi (che abbraccio per il coraggio che dimostrano) conti­nuerò a scrivere e a dirigere.

Concedo loro la soddisfazio­ne di avermi rovinato la vita privata. Ma non gliela do vin­ta e non otterranno nulla di più. Se a qualcuno non va, resta sempre la possibilità di rin­chiudermi a San Vittore.

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