Io, ex seminarista in galera per stupro

Augusto Pozzoli

da Milano

Legge la traccia del tema. Guarda il foglio e comincia a scrivere. Gabriel Marin è al primo giorno d’esami, licenza media. Frequenta il Centro di educazione per gli adulti di via Russo. È uno studente come tanti di questo istituto di recupero, ma questa notte lui ha dormito in carcere. E anche la notte prima, e quella prima ancora. Gabriel Marin è uno dei ragazzi coinvolti nello stupro di via Ripamonti. Uno dei cinque romeni. Questa è la sua vita.
I professori osservano le sbarre della sua cella. Sono andati loro da lui. L’esame si svolge qui, in pochi metri quadri. Gabriel legge ancora la traccia: «Racconta la tua storia». E lui lo fa. Scrive pagine e pagine, dalla sua infanzia in patria, al suo arrivo da clandestino, fino a quella notte barbara, senza pietà. La violenza, a turno. E una ragazza di 22 anni sconvolta, che piange, che soffre, che prega. E lui lì, tra i «turnisti». Scrive Marin e racconta che lui non c’entra nulla. «Sono stato arrestato in quel campo, ma ero lì per caso. Al momento di quella brutta storia stavo pregando nella comunità che mi ospita». Scrive. E spiega che quando era in Romania era un seminarista. Ma che cosa ci faceva a quel campo nomadi quando è stato arrestato? Continua il racconto del romeno: «Ero stato invitato da un amico, quello sì coinvolto nello stupro, per una festa di battesimo. Mai avrei pensato di andare incontro a tanti guai. Quando mi sono reso conto che la polizia stava facendo la retata, ho cercato di raggiungere l’auto del mio amico: avevo appena aperto la portiera, e mi hanno bloccato. Il guaio è che quell’auto è poi risultata rubata e quindi sono trattenuto in carcere con l’accusa di furto d’auto. Ma anche per questo reato spero di potermi presto discolpare completamente».
La sua vita, a Milano, è fatta tutta di coincidenze. Lui è sempre lì per caso, sempre innocente. Sono i guai che gli cadono addosso. Ingenuo? Vittima? Sfortunato? Lo dirà la legge. Intanto lui racconta. L’avventura di Gabriel Marin comincia poco più di un anno fa quando abbandona gli studi in seminario, scappa di casa e attraverso i soliti passaggi delle tratte di clandestini arriva a Milano. Un viaggio burrascoso perché il Tir su cui di nascosto viaggiava, viene bloccato dalla polizia in Austria, il conducente fugge, e Marin dopo una giornata di fermo può continuare in treno e raggiungere Verona. Arriva a Milano e prende domicilio alla stazione Centrale e poi il campo di via Barzaghi, dove viene ospitato da alcuni connazionali che lo mettono subito nei guai. «Un giorno ero a dormire in una baracca – racconta il giovane romeno nel suo tema – e arriva la polizia: i miei amici vengono arrestati perché nascondevano molta refurtiva. E io finisco in carcere perché mi credono complice». All’epoca era ancora minorenne, quindi viene rinchiuso al Beccaria da dove esce per essere accolto nella Casa della carità di via Adriano, una comunità della Caritas che lavora nel campo del recupero dei ragazzi minorenni protagonisti di disavventure giudiziarie. «Era seguito bene – osserva la sua prof –. Aveva un tutor che lavorava a contatto con noi. Mai un’assenza dalle lezioni. Anche a noi è subito sembrato strano che potesse essere coinvolto in una vicenda come quel brutale stupro. Ce lo ha detto anche dopo il tema: “Dopo che ho lasciato il seminario, non me n’è andata bene una. Purtroppo sono abituato a fidarmi di chi dovrei tenere alla larga. Volevo farmi prete, ma in Romania per studiare in seminario bisogna pagare, e io non avevo soldi. Per questo ho tentato l’avventura in Italia, anche contro il parere di mio padre. Ma non avrei mai immaginato di finire così”. Noi speriamo che le indagini gli diano ragione. Perché adesso da alcuni mesi è diventato anche maggiorenne, e certo non può sperare in alcuna forma di clemenza».


Corretto il tema di italiano la commissione degli insegnanti di via Russo ha lasciato il carcere. Torneranno questa mattina, per la prova scritta di matematica e il colloquio orale. Poi lo scrutinio. E la licenza media non dovrebbe sfuggirgli.
Augusto Pozzoli

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