Il terrore è in casa. Dobbiamo espellerlo

Il clima è quello tipico del terrore. Un clima che diventa sempre più pesante e più cupo. Dobbiamo avere paura? Certo. Eccome. Avremmo dovuto avere paura molto prima

Il terrore è in casa. Dobbiamo espellerlo
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Illustre Direttore Feltri,

abbiamo importato la guerra in casa, perché cos'è se non guerra ciò che è accaduto l'altra sera ad Amsterdam, dove i tifosi ebrei sono stati picchiati e sequestrati, quasi fosse

la replica del 7 ottobre 2023 ma realizzata sul suolo europeo? Stiamo forse sottovalutando, come lei scrive da mesi, questi episodi di antisemitismo e il dilagare dell'odio entiebraico. Cosa dobbiamo fare?

Renato Vicentini

Caro Renato,

non vorrei apparire troppo pessimista ma ormai abbiamo poco da fare, nel senso che il nemico è già in casa e in casa agisce e si espande. All'interno delle nostre città, in Italia cosi come negli altri Stati europei, vivono sacche di immigrati il cui sentimento predominate è l'odio verso l'Occidente e verso gli occidentali, ossia verso i cristiani, verso i bianchi. L'antisemitismo non è che espressione di questo sentimento qui, che viene perpetuato e trasmesso di generazione in generazione, anzi, le ultime sono le più spietate. Da oltre un anno, ossia dal 7 ottobre 2023, abbiamo assistito ad un continuo lievitare del numero di crimini la cui matrice è l'antisemitismo, l'antisionismo, l'antiebraismo. L'Italia, come ben sai, non ne è rimasta immune. Ricordo che il cosiddetto nuovo partito comunista italiano ha stilato una lista corposa di «agenti sionisti», tra cui compaio io stesso, indicati quali bersagli contro i quali scatenare qualsiasi tipo di violenza. L'omicidio non è esplicitamente raccomandato, ma si capisce che è visto con favore, incoraggiato.

Il clima è quello tipico del terrore. Un clima che diventa sempre più pesante e più cupo. Dobbiamo avere paura? Certo. Eccome. Avremmo dovuto avere paura molto prima. Questa sana paura che ci predisporrebbe a salvaguardarci da tale minaccia alle nostre società libere e civili, un tempo sicure, è stata denominata impropriamente «islamofobia», oppure anche «razzismo». E tale etichetta serve alla sinistra allo scopo di contrastare qualsiasi iniziativa di buonsenso volta ad intervenire per arginare la deriva che investe tutto l'Occidente, in primis l'Europa, culla della cristianità, del diritto, della civiltà, delle libertà, ciò che agli estremisti islamici, anzi agli islamici in generale, risulta insopportabile.

Dunque cosa fare adesso, adesso che è già tardi? Riscoprire e difendere i nostri valori, la nostra identità, non celare i nostri simboli, smetterla di considerarli offensivi, penso ad esempio al crocifisso, mostrarci fieri di ciò che siamo, non arrenderci, dunque insistere con la difesa del principio di legalità, ovvero non tollerare l'immigrazione clandestina, non giustificare mai gli assassini e gli aggressori solo perché e quando sono extracomunitari, non cedere di un millimetro nel nostro proposito, assolutamente legittimo, che in Italia venga ripristinato altresì il principio per cui si possa entrare solamente legalmente e che si possa permanere esclusivamente se si dimostra di avere rispetto delle regole e del nostro stile di vita. Reprimere, reprime e ancora reprime. Punire. Rispedire a casa.

Chiamare «terrorismo islamico» le violenze atroci che sono state messe a segno la scorsa notte ad Amsterdam a danno dei tifosi ebrei, colpevoli di essere ebrei. La clemenza, la tolleranza, il politicamente corretto, il buonismo hanno prodotto insicurezza, paura, anomia e vittime. Credo sia proprio giunto il momento di cambiare registro. Per il bene dei nostri figli e nipoti.

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