L'ennesimo fronte dell'odio mondiale

L'Olanda giovedì ha dato la prova che "never again" non è un tema molto interessante lassù

L'assalto dei pro Pal agli israeliani ad Amsterdam
L'assalto dei pro Pal agli israeliani ad Amsterdam
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L'Olanda è un Paese piccolo, eppure durante la Shoah ha lasciato deportare, anche collaborando non poco, 106mila ebrei, più della Francia (83mila), dell'Austria (65mila) e di molti altri Stati europei: quasi quanti la Germania (160mila). Ancora il 5 settembre del '44 dei 1.019 portati dall'Olanda sui treni ad Auschwitz, un totale di 549 furono selezionati per le camere a gas, inclusi settantanove bambini. Anna Frank è stata nascosta due anni al numero 263 di Prinsengracht prima di essere scoperta e deportata nell'agosto del 1944. L'Olanda giovedì ha dato la prova che «never again» non è un tema molto interessante lassù. Quando le migliaia di estremisti islamici, terroristi, si sono lanciate sui sostenitori del Maccabi Tel Aviv che aveva appena giocato in Europa League con l'Ajax, la polizia non ha quasi reagito, non era preparata, mentre i criminali antisemiti avevano preparato gli agguati sapendo bene presso quali alberghi e punti di riferimento agire. Raggiungere i rifugi è stato difficile, solo l'aiuto di altri ebrei residenti lo ha permesso; e poi, shoccati e feriti, i tifosi sono stati portati in salvo in patria dall'Aviazione civile israeliana, inviata dal Pikud HaOref, la forza di comando militare interna che si occupa della popolazione. Uno scenario di guerra, in cui le forze locali non erano interessate a capire che il pogrom contro i tifosi israeliani era perpetrato da gente che non urlava slogan calcistici bensì «Yehud», ebreo, e «Allah hu akbar». Proprio come Hamas il 7 ottobre. Si sono visti giovani padri coi bambini che fuggivano aggrediti mentre gli dicevano «Vieni qui, figlio di... Are you jewish?». Passaporti sequestrati, persone inginocchiate costrette a inneggiare alla Palestina, persone anziane piene di sangue, coltelli levati, insulti. Le tv ripetono consigli a chi è ancora là, rinunciare alla kippà, alla stella di David, a parlare ebraico in pubblico, restare in camera: questo offre al viaggiatore ebreo l'Europa di oggi.

Si allarga così il fronte su cui gli ebrei combattono per la vita dopo il 7 ottobre. Israele è oggetto di incessanti bombardamenti, e anche bersaglio dell'odio antisemita e antioccidentale, accusato di tutti i crimini in cui è accomunato il fronte che la sinistra mondiale odia: colonialismo, genocidio, suprematismo bianco, imperialismo. L'Iran, con Hamas, gli Hezbollah, arruola gli estremisti islamici di tutto il mondo e trova il sostegno psicotico di folle di giovani, specie studenti. L'antisemitismo è ammesso sui teleschermi e nei salotti, ha mostrato ieri i suoi colori nella città dei musei, delle biciclette colorate, delle cenette sui canali Ma ciò che è capitato ad Amsterdam potrebbe capitare il 14 a Parigi nello scontro fra le nazionali di Francia e Israele, o per un concerto di un cantante israeliano. Quell'antisemitismo sostiene società in cui donne, omosessuali e dissidenti vengono uccisi se manifestano la loro libertà. Negli anni Settanta, quando si incontrarono il terrorismo rivoluzionario e quello jihadista, ambedue presero di mira gli ebrei; certi governi europei, fra cui quello italiano, alleandosi con l'Olp, promossero una ondata di propaganda, l'antisemitismo razzista divenne antisraeliano. L'Europa per paura e per ipocrisia non combatte l'odio antioccidentale: la Russia, l'Iran, la Cina, se ne compiacciono. L'allarme è rosso. Non resta che lottare, si può, la Germania per esempio ha votato una risoluzione dal titolo «never again is now» per difendere la vita degli ebrei e battere l'antisemitismo.

Ne va del futuro di tutti: il nuovo ministro degli Esteri Gideon Saar e Amir Ohana sono volati in Olanda. Il significato è chiaro. Israele è attiva in tutto il mondo nella difesa degli ebrei, anche se è l'anniversario della Notte dei Cristalli: Israele, al contrario di allora, vive e combatte.

Fiamma Nirenstein

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