Ipocrisia: ora l'Unità si dispera per la Carfagna

È bastata una critica al Pdl per far ricredere il quotidiano della De Gregorio. Dalle squallide allusioni sulla nomina alla santificazione della Carfagna. Le donne ministre erano "belle statuine nell'harem", ora se ne loda il valore. Scambio di insulti Carfagna-Mussolini: sceneggiata napoletana

Ipocrisia: ora l'Unità si dispera per la Carfagna

Roma - No, Lidia Ravera no. La prova della rottura definitiva e insanabile sembra arrivata. Non da un comunicato con­giunto con Bocchino, ma con l’imprimatur di purezza ideo­logica e morale sancito nella rubrica di eugenetica che la scrittrice femminista tiene sul­l’ Unità , quella in cui dà le pa­gelle alla politica in base al­l’aspetto fisico (memorabile quando diede della «donna scimmia» a Condoleezza Rice, «con quelle guancette da im­punita », tipiche com’è noto dei primati). È scoppiato l’amore, «Mara vola», addirit­tura, l’ex bella statuina dell’ha­rem pidiellino ha messo le ali. Nessuno si azzardi ad ammic­care, da cretino machista, alle ali del suo libro famoso, quelle dei Porci, perché qui, grazie al­l­a minaccia di dimissioni carfa­gnesca, siamo ben lontani dai porcili, qui si vola alto nell’ide­alità più nobile.

La Carfagna non è ancora uscita dal partito che l’ha tra­mutata in ministro, ma di fatto è già arruolata in quello (ma­schiofobo e retorico) dell’ Uni­tà delle Concite e delle Ravere. Sì ma come la metteranno col collaboratore bestseller An­drea Camilleri? Modificherà, in parte o in toto, la sua poesia incivile che tanto ci piaceva e che diceva: «Qualcuna viene eletta ai rossi scanni/ sostitui­sce il topless con un colletto se­vero/ ma, a pagarle, infine, è il solito contribuente/ lo stesso che foraggiava il cavallo sena­tore »?. Provvedere, immedia­tamente, ad avvertirlo che non si scherza più sulle donne se­rie e perbene premiate dalla politica. Per un’anima rosa riconqui­stata alla civiltà borghese, ce n’è però un’altra che sprofon­da negli abissi della volgarità berlusconiana, la Mussolini, che per la vetero-scrittrice è «stile buzzicona verace», in­somma una popolana che non merita l’invito nel salotto buo­no femminista, quello con rivi­ste di interior design e thé ver­de servito dal filippino.

Così lontana, «Alessandra M., lun­ghi capelli ossigenati spioven­ti sulle spalle», dal perfetto sti­le Mara, «corti capelli neri dal taglio impeccabile», «gelida e misurata», «che classe Mara!», che fuoriclasse l’Unità . Dalla lotta di classe alla classe nel ve­­stire, ecco spiegato il coma ce­rebrale del Pd e dei suoi aedi. Anche la direttora (è consi­gliabile all’ Unità mettere tutti i sostantivi al femminile) in un tripudio di sobri tailleur, si in­carica di rendere partecipe il volgo della buona novella. Se ne parla con grande rispetto, la Carfagna è «il ministro», op­pure più confidenzialmente «Mara», un’autorità statale ma anche un’istituzione per amica. Dal sultanato- è questa la notizia dell’editoriale di Concita De Gregorio - ci si può affrancare. Grande respiro di sollievo nazionale.

Ci si può domandare, eccome se si può, «se una donna che ha accetta­to le regole del sistema sia per questo una volta per sempre condannata alla vacuità, alla colpa, all’inessenzialità o se possa invece riscattarsi mo­strando di avere, al di là del peccato originale (al quale i consultori femminili dell’ Uni­tà stanno già lavorando, ndr ) che risale alle sue modalità di accesso alla scena, una sua au­tonomia, un qualche valore, un’intelligenza che le consen­ta di esprimersi per quello che sa e può fare». Basta dimettersi o minaccia­re soltanto di farlo, per fare tut­to quel gran salto etico e avere accesso alla beauty farm delle anime belle. Non è chiaro però in che modo «le belle statuine, gentili e disponibili», tanto amate dal Pdl, possano diven­tare personalità ragguardevoli semplicemente cambiando opinione su qualcosa. Tanto­meno si capisce come faccia­no le donne del Pdl ad essere «vittime del maschilismo» quando vengono reclutate ma anche quando se ne vanno, o minacciano solo di farlo.

Ci sa­rebbe da analizzare semmai l’odiodi genere che emerge da certe cronache dell’ Unità , a partire dalla De Gregorio che (come ora la Ravera con la Mussolini) tratta signore e si­gnorine di governo con una di­screta dose di disprezzo. Fu proprio lei, la direttora, a rac­contare sul quotidiano del Pd il congresso fondativo del Pdl. Un occhio di riguardo, ma spie­tato, verso le gonnelle festanti del «Sultano», che «chiama ac­canto a sé le dame » (di compa­gnia, madame?).

La Carfagna appunto, «la più bella e intelli­gente, una supremazia ricono­sciuta dalle altre - ci vuole ta­lento del resto (per fare cosa? ndr) - che si fanno un passo in­dietro ». O la Prestigiacomo, «china su di lui».

Luisa Todini, «ex giovane imprenditrice» (perfidia assoluta), e poi - con sommo biasimo - le due «bel­lissime ragazze gemelle sotto il palco, una in stivali bianchi, l’altra in sandali di strass». Co­me dire, pronte a tutto e prossi­me vittime del maschilismo del Pdl. Nel frattempo, già ca­dute sotto i colpi del femmini­smo dell’Unità .

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