GLI IRRIDUCIBILI DEL CETRIOLO

Vedete? Non avevamo capito nulla. Ci sembrava che l'Europa della curvatura dei cetrioli e delle leggi del cavolo avesse un'occasione d'oro per tornare sui suoi passi e correggere la rotta. Ci sembrava che la doppia scoppola franco-olandese potesse segnare la svolta. Ci sembrava il momento giusto per dire basta a leggi come quella che stabilisce che «si può definire porro sano il porro che non è affetto da marciume» (ma va’ là? Chi l'avrebbe detto?) e che «la calibrazione del porro è determinata dal diametro misurato perpendicolarmente all'asse del prodotto al di sopra del rigonfiamento del colletto». Ci sembrava che la lezione potesse essere finalmente appresa, la saccenza messa da parte insieme ai dieci anni di dibattiti per stabilire se la camicia da notte può essere portata anche di giorno. Ci sembrava un'opportunità da cogliere, un insegnamento da non disperdere.
E invece, niente. Evidentemente non avevamo capito nulla. Perché basta aprire i giornali per vedere che trasudano ancora di tracotanza europeista. Colonne intere spese a dimostrare che a Bruxelles tutto funziona a meraviglia e che lì c'è il migliore dei mondi possibile. L'Europa resta un modello, un esempio, persino un esempio di democrazia, checché se ne dica. «I commissari europei», scrive per esempio l'ex commissario europeo Mario Monti sul Corriere della Sera, «hanno una legittimazione democratica superiore a quella dei ministri dei governi nazionali». Ma sicuro: altro che Westminster o agorà di Atene. Il nuovo tempio della democrazia mondiale è il palazzo di Bruxelles. E se non ve ne siete mai accorti, sarà colpa della nebbia. Vedete? Non avevamo capito nulla. L'Europa va bene, le istituzioni europee vanno bene, persino l'economia europea va bene. Solo che i governi nazionali pensano di nascondere i loro problemi scaricandoli su Bruxelles, come scrive ancora Monti. Tutto qui. Perché altrimenti a Bruxelles, di problemi, non ce ne sono: finiscono di misurare la circonferenza del pisello, s'attardano sulla «sezione equatoriale» dei carciofi, al massimo per fare un minestrone chiedono la consulenza del Cern. E che sarà mai? Tutto bene, tutto normale. È vero, ogni tanto capita che un presidente di commissione debba dimettersi per aver distribuito valanghe di consulenze a tutti, compreso il dentista del suo paesello natio trasformato di colpo in esperto mondiale di Aids. Ma che ci volete fare? Sono cose che succedono, si capisce.
E se alcuni milioni di cittadini vanno alle urne e dicono che questa Europa a loro non piace, beh: è chiaro. Sbagliano i cittadini. Mica l'Europa. L'Europa è democratica, piuttosto è il referendum che in quanto a democrazia lascia un po' a desiderare. In effetti il referendum, ci spiega ancora il professor Monti, «è un esercizio molto astratto e pericoloso di democrazia». Ma sicuro: astratto e pericoloso. Votare è una cosa popolare, fors'anche un po' plebea, lo possono fare tutti senza nemmeno bisogno di una laurea in Bocconi: non sarebbe meglio risolvere queste questioni con una riunione di tecnici?
Oggi, in effetti, impariamo una nuova lezione di democrazia: del voto dei cittadini bisogna tener conto fino a un certo punto perché i cittadini, in fondo, non sanno mai quello che vogliono. Perfetto, no? E a noi che sembrava tutto così chiaro, a noi che quei referendum sembravano un'occasione per svoltare. Evidentemente non avevamo capito nulla. È sicuro: sbagliavamo. Così in attesa che i tecnocrati decidano ancora qual è il nostro bene, noi continueremo a tenerci le loro leggi sul rigonfiamento del porro.

L'unico problema è che, un rigonfiamento dopo l'altro, c'è il rischio che il porro scoppi. Bisogna farglielo sapere. Perché è vero, come dice Monti, che «le sole disfatte sono quelle che si accettano». Ma attenti: le altre rischiano di diventare catastrofi.

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