Caro Direttore,
ricordando il netto e violento schierarsi di un tempo della Repubblica in momenti altrettanto difficili - sotto la direzione di Eugenio Scalfari - a favore della causa dello Stato d'Israele, avrei inviato correttamente questa mia lettera con preghiera di pubblicazione a quel giornale, diventato ora filo-Hamas, filo-Hezbollah, filo-siriano e filo-iraniano. Ma, per questo e anche per altri motivi, non me l'avrebbero pubblicata. Mi rivolgo perciò alla tua ospitalità.
Vi sono momenti nei quali purtroppo bisogna drammaticamente scegliere. Mi ricordo quando da ragazzo ai democratici e agli antifascisti europei e italiani, pur amanti della pace, si pose il problema: «Vale la pena morire per Danzica?». E i democratici e gli antifascisti europei e italiani, pur amanti della pace (eccetto i comunisti!), risposero: «Vale la pena morire per Danzica!». E alla fine, dopo lutti e tragedie immense, donne, bambini e vecchi innocenti uccisi nella guerra da entrambe le parti da Coventry a Dresda, il Nazismo, la Bestia, il Male Assoluto fu sconfitto.
In Francia, Emanuel Mounier, il filosofo cattolico del personalismo, democratico popolare violentemente anti-parlamentarista, rimase indeciso per qualche tempo tra Vichy e la Resistenza, e scelse poi a favore della Resistenza. Il grande Jean Moulin, prefetto, dopo la capitolazione di Petain, si presentò a Vichy, rimase per un po incerto, ma poi si mise a capo della Resistenza: fu arrestato dalla Gestapo e ucciso, e diventò l'Eroe della Resistenza Francese.
In Germania i vescovi tedeschi, sotto l'influenza del Nunzio Apostolico e poi Segretario di Stato della Santa Sede monsignor Eugenio Pacelli, rimasero per qualche tempo a metà strada tra nazisti e antinazisti per paura di indebolire il regime hitleriano nella sua lotta al comunismo, ma poi sotto la guida di vescovi coraggiosi, tra cui gli intrepidi von Galen e von Preysing, si schierarono contro il nazismo, mentre purtroppo l'episcopato italiano mandò in esilio don Luigi Sturzo e rimase lungamente schierato con il fascismo.
Oggi io, uomo modesto, né presidente del Consiglio dei ministri né ministro degli Esteri, politico «tramontato» ma di non breve carriera, cristiano, democratico, antifascista, occidentale, io scelgo Israele! Scelgo Israele per il contributo dato dall'ebraismo alla comune cultura dell'Occidente. Scelgo Israele per quello che - per noi cristiani - dovrebbero significare le parole di Papa Giovanni Paolo II e di Papa Benedetto XVI: i «nostri fratelli maggiori», gli ebrei. Scelgo Israele nel ricordo della persecuzione e dell'Olocausto opera del nazismo, ma con tremende responsabilità della «prudenza» dei governi occidentali e della Chiesa cattolica «pacelliana» (salvo qualche coraggioso martire tedesco, la santa Edith Stein in prima linea, ed anche italiano, olandese e francese e di pastori luterani come Dietrich Bonhoeffer).
Comprendo però con amicizia come l'amico Massimo D'Alema, «orfano» di una «Patria ideale rivoluzionaria» scomparsa e alla ricerca di una nuova, non possa che essere per Hamas, per gli Hezbollah, per i Fratelli mussulmani, per la Siria e per l'Iran. Solo gli rimprovero l'ipocrisia della sbandierata e insincera «equivicinanza», ma è un bravo ragazzo lo stesso. Io sono straziato dal dolore per i bambini e le donne libanesi, palestinesi e israeliane uccise nella guerra, come lo fui da ragazzo per i bambini, i vecchi e le donne di Londra e Coventry uccise dai bombardamenti terroristi germanici, ma anche per i bambini, i vecchi e le donne di Dresda uccisi dai bombardamenti terroristi a carattere di ritorsione e di vendetta compiuti con tecnica feroce dalla Royal Air Force tre giorni prima della resa germanica. Sono addolorato profondamente da un punto di vista umano dalla morte dei bambini e delle donne libanesi sciite uccise perché usate come scudi umani dagli Hezbollah in un grande edificio individuato dai satelliti militari come uno dei luoghi dai quali gli stessi Hezbollah lanciavano razzi che uccidevano donne e bambini israeliani, poi giustamente anche se dolorosamente colpiti dall'aeronautica militare israeliana, ma anche per i bambini e le donne israeliane uccisi da questi razzi. Vittime, questultime, che per i «neo-ariani di sinistra» nostrani, D'Alema compreso, e anche per qualche «cattolico adulto», sono da piangere meno o anche da non piangere affatto rispetto a quelle libanesi, perché secondo i loro grandi maestri Chamberlain, il teorico inglese del razzismo, Rosemberg, il teorico nazista, e il grande Stalin, il Padre non dimenticato dei «lavoratori di tutto il mondo» appartengono a una «razza inferiore».
Eppoi gli ebrei hanno già avuto sei milioni di morti, e se ne avranno qualche centinaia di più, suvvia non facciamone un dramma! Ebbene, io, lo ripeto, uomo modesto, né presidente del Consiglio dei ministri né ministro degli Esteri, ma comunque politico di non breve carriera, cristiano, democratico, antifascista, occidentale, per il contributo dato dall'ebraismo alla comune cultura dell'Occidente, per quello che per noi cristiani dovrebbero significare le parole di Papa Giovanni Paolo II e di Papa Benedetto XVI, i «nostri fratelli maggiori», gli ebrei, nel ricordo della persecuzione e dell'Olocausto opera del nazismo, ma con tremende responsabilità della «prudenza» dei governi occidentali e della Chiesa cattolica «pacelliana», sono decisamente schierato per Israele e solidale con il suo popolo e con gli ebrei italiani, miei compatrioti!
Cordiali saluti
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