«Israele ha fotografato siti nucleari in Siria»

Israele tace, Washington no. E il livello delle indiscrezioni aumenta, s’infittisce, mette paura. Anche perché ora si parla di armi atomiche. O quantomeno di componenti nucleari. Martedì sera le gole profonde del Pentagono hanno rivelato alla Cnn che gli F15 penetrati nel nord della Siria una settimana fa erano arrivati fin lì per distruggere un carico d’armi iraniano destinato a Hezbollah. O forse un carico d’armi acquistate dalla Russia per conto di Teheran. A rilanciare ci pensavano poche ore dopo gli informatori del New York Times all’interno della Casa Bianca. Le fonti anonime del più autorevole quotidiano statunitense mettevano sul tavolo un’altra pesante e sconvolgente verità, raccontando di voli radenti su installazioni nucleari e di foto e documentazioni scottanti raccolte grazie all’abilità e all’audacia dei piloti israeliani. «Un funzionario dell’amministrazione Bush ha detto che Israele ha di recente compiuto voli di ricognizione sulla Siria, fotografando alcune possibili installazioni nucleari che potrebbero, secondo gli israeliani, essere state rifornite di materiale dalla Corea del Nord».
Dunque, se la missione e i suoi risultati venissero confermati, il Medio Oriente dovrebbe fare i conti con un’altra corsa al nucleare. Una corsa allarmante, anche perché la Siria è il miglior alleato della potenza iraniana, impegnata in una marcia a ritmo serrato sulla via dell’energia atomica. Il grande mentore dell’atomica siriana, il mercante di tutta la componentistica indispensabile per muovere i primi passi nel settore, sarebbe la Corea del Nord. Dopo aver raggiunto un accordo per lo smantellamento delle proprie infrastrutture nucleari, Pyongyang ne avrebbe messo sul mercato alcune parti, e la Siria si sarebbe affrettata ad acquistarle. «Israele ritiene che la Corea del Nord - scrive il New York Times citando i suoi informatori - stia liquidando alcuni suoi materiali nucleari e cerchi di vendere all’Iran e alla Siria tutto quel che le rimane».
L’indiscrezione «nucleare» è stata parzialmente ridimensionata ieri pomeriggio dalle dichiarazioni di altri funzionari statunitensi, tornati ad avvalorare l’ipotesi di un raid militare contro alcune postazioni siriane o un carico d’armi. Le stesse fonti definiscono però «confusi» gli obbiettivi della missione. «Posso confermare l’attacco ma non l’obbiettivo», dichiarano laconici gli ufficiali americani.
Il persistente e insolito silenzio di Israele fa comunque pensare a un obbiettivo e a un’azione di una certa rilevanza. L’eventuale attacco a un convoglio d’armi, che avrebbe scavato, stando alle gole profonde della Cnn, un profondo cratere nel deserto e l’individuazione di infrastrutture nucleari, sono entrambi elementi capaci di elevare a dismisura il rischio di un conflitto. La conferma di un vero e proprio bombardamento, fin qui smentito da Damasco, potrebbe costringere il regime di Bashar Assad a reagire con molta più determinazione e immediatezza. L’individuazione di infrastrutture nucleari spingerebbe invece il governo di Ehud Olmert ad assumere posizioni drastiche per rassicurare la propria opinione pubblica, rendendo quasi inevitabile il rinvio di quella conferenza sul Medio Oriente che Washington vuole organizzare entro il prossimo novembre.

«Non tutte le operazioni possono essere rivelate al pubblico», aveva detto qualche giorno fa il primo ministro Ehud Olmert tessendo le lodi dei suoi militari. Ma ora le voci dilagano, l’allarme aumenta e tacere diventa sempre più difficile.

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