Israele-Siria, un aereo fa impennare la tensione

Per un soffio la “calda” estate non è finita in un incendio. Da mesi militari e analisti israeliani s’interrogavano sui rischi di un incidente imprevisto lungo il confine con la Siria, ipotizzavano il rischio di una guerra innescata dal caso lungo una frontiera sempre più calda, sempre più armata e sempre più nervosa. Ieri notte stava per succedere. Non lungo la linea di demarcazione che divide i territori israeliani e quelli siriani del Golan, ma cinquecento chilometri più a nord, in quel deserto arido e disabitato dove i confini di Damasco incrociano quelli di Ankara e Bagdad. Lassù, la scorsa notte, stando ai portavoce siriani, un aereo con la stella di David si infiltra dal mare, viene individuato dai radar e messo in fuga dalle batterie antiaeree dopo esser stato costretto a sganciare il suo carico di bombe e munizioni. «L’aereo – raccontano i portavoce militari siriani - ha attraversato i nostri confini settentrionali provenendo dal Mediterraneo, ha infranto la barriera del suono e ha fatto rotta verso le regioni orientali, ma è stato intercettato dalle unità di difesa antiaerea e costretto a sganciare le sue munizioni in una zona deserta senza causare danni a persone o cose».
Il resoconto viene confermato da alcuni abitanti di Tal al Abiad, una zona al confine tra Siria e Turchia che, ieri mattina, raccontano di aver sentito il rumore di almeno cinque aerei in volo notturno. I vertici politici e militari israeliani, invece, si chiudono a riccio evitando di confermare, negare o commentare le accuse siriane. Il vero mistero è, dunque, cosa ci facessero uno o più aerei israeliani da quelle parti. Le risposte possibili sono almeno tre o quattro e sconfinano tutte, dal punto di vista israeliano, nel segreto di Stato. L’ipotesi più plausibile e più credibile è quella d’una missione d’infiltrazione decisa dai comandi dell’aviazione per verificare le capacità di reazione dei nuovi sistemi antiaerei acquistati dalla Russia e individuare eventuali zone grigie da sfruttare in caso di conflitto. La sottovalutata precisione dei nuovi radar o un semplice inconveniente tecnico potrebbero aver costretto il velivolo israeliano a sganciare il proprio armamento per rientrare più velocemente ed evitare lo sbarramento antiaereo.
Chi prende per buone le dichiarazioni siriane si chiede, però, perché un aereo in missione d’infiltrazione superi la barriera del suono dopo il confine rendendo assai più facile la propria individuazione. Quest’osservazione apre la strada alle più svariate congetture. Qualche esperto militare si limita a ipotizzare uno sconfinamento durante manovre congiunte con l’aviazione turca. Altri azzardano incursioni d’addestramento sulla direttiva dei laboratori nucleari di Teheran o, addirittura, missioni congiunte con gli americani in Irak. Qualunque sia la verità la maggior preoccupazione, a livello politico e militare, è la reazione della Siria e del suo alleato iraniano. In attesa delle decisioni del presidente Bashar Assad, incontratosi ieri sera con ministri e generali, il responsabile dell’Informazione Mohsen Bilal precisa che il suo governo ha «il diritto di reagire» e «di determinare qualità, tipo e natura della risposta all’attacco israeliano». La precisazione è seguita dalla solidarietà dell’ambasciatore di Teheran a Damasco che promette «qualsiasi tipo di assistenza» in caso di conflitto.
L’inconsueto riserbo sul fronte israeliano punta forse a disinnescare la tensione evitando scambi d’invettive in grado di aumentare il nervosismo. Pochi giorni fa i vertici militari israeliani avevano tentato di stemperare la tensione creatasi nel Golan riferendo di un diminuito livello d’allerta delle truppe di Damasco schierate al confine. Dalla fine della guerra del Libano della scorsa estate la mobilitazione di Damasco al confine è progressivamente cresciuta, facendo temere un tentativo di riconquista del Golan.


La vera guerra continua intanto a essere combattuta nelle zone meridionali della Striscia di Gaza, dove ieri le operazioni dell’esercito e dell’aviazione israeliani hanno causato la morte di almeno nove militanti palestinesi.

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