«L'Atletico a fine ciclo? Non scherziamo. Hanno solo problemi economici e come ogni anno saranno costretti a vendere e rifare la squadra. Ma poi trovano la soluzione e alla fine sono sempre lì. Se andate in Spagna ve lo spiegano meglio cos'è l'Atletico, lì l'hanno capito tutti. Questi combattono ad armi pari con Madrid e Barcellona, capite cosa significa? Due anni fa a un minuto dalla fine avevano la Champions in mano».
Quattro finali, due vinte e due perse, una con il Barcellona, l'altra, quella con il Celtic, fuori per infortunio, Luis Suarez Miramontes detto Luisito ha sempre qualcosa da raccontare. Anni Sessanta, uno dei migliori nel suo ruolo, scendeva verso terra come un pattinatore e nel frattempo faceva ruotare il destro, la palla volava sopra le teste della gente e arrivava in buca morbida. Pallone d'Oro, unico spagnolo ad averlo ricevuto, con i 25 milioni di pesetas del suo acquisto il Barça costruì un anello del Camp Nou e l'Inter iniziò a scrivere la sua storia. Oggi Luisito fa l'osservatore per il Barcellona e il commentatore televisivo: «Sapete perché la Spagna è lì con due squadre in finale?».
Ce lo dica lei...
«Perché è in un momento buono. Capita a tutti, ma quando arriva bisogna essere preparati. Loro sono stati bravi a prendere dei ragazzi giovani, li fanno giocare, e quelli che fanno risultato li tengono. Le squadre in Spagna sono piene di giocatori dai nomi quasi sconosciuti».
Anche qui da noi si tenta di fare questo...
«Ma ora non ci sono fuoriclasse italiani. Buoni giocatori ma non fuoriclasse. In questi anni si è pensato più a costruire il fisico e poi riempirlo di tattica. E tutto questo a discapito della tecnica».
Tutto qui?
«C'è qualcosa che non va. La Primavera dell'Inter è da anni ai vertici e non c'è nessuno di loro in prima squadra. Questo perché fanno la differenza fra i loro coetanei, sono tutti corazzati, ma poi...».
La prima Inter europea era piena di giovani...
«Altri tempi. Mi ricordo che a Vienna erano tutti lì a chiedere autografi e magliette a Di Stefano, Puskas e Gento. Come dei bambini. Allora mi sono alzato e mi sono messo a urlare dentro lo spogliatoio: prima li battete e poi potete farvi le foto con loro. Ma prima si vince».
È andata bene...
«Abbiamo vinto con autorità. Abbiamo battuto una squadra che ne aveva vinte cinque di fila. Quella vittoria ci ha dato la consapevolezza europea e mondiale».
Vabbè Luisito, ma sono proprio Atletico e Madrid oggi le due più forti?
«Con il Barcellona che nel momento cruciale mi è parso meno brillante».
Sì, ma poi l'Atletico fa un contropiede all'italiana...
«Lei mi vuole provocare...Se prendete ad esempio la partita alla Bayern Arena allora avete ragione. Ma quella era un'occasione d'oro, una partita troppo importante, e Simeone è uno che sa come si fa. Lui dice: siamo inferiori, dobbiamo cambiare strada. E poi è meticoloso, ha personalità, lo preferisco a Zidane».
Il francese non le piace?
«È lì da tre giorni, Florentino gli ha chiesto di mettere tranquillità nello spogliatoio e lui ci è riuscito».
Quindi chi vince?
«Il Madrid è troppo dipendente da Ronaldo. L'Atletico è il gruppo. Non credo che Zidane li manderà tutti all'attacco, sa che sfiderebbe Simeone sul suo terreno preferito, quello di chiudere gli spazi e non far ragionare l'avversario».
Allora il Madrid che aspetta Simeone?
«Zidane deve trovare il modo di far uscire la difesa dell'Atletico, il reparto migliore della squadra, sono tutti nazionali. Qui Simeone non cede nessuno, se li tiene e dà sicurezza a tutti gli altri. Ma non vedo un Madrid che attacca e un Atletico che difende. Simeone è uno di personalità, non accetterebbe mai una cosa del genere».
Dice così perché prima o poi verrà all'Inter...
«Prima o poi ma adesso sta bene all'Atletico, il suo primo amore, l'Inter è il secondo».
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