Roma - Si chiama "p63" il gene capace di funzionare
da argine contro la diffusione metastatica delle cellule tumorali.
È il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista Cell e condotto
dai gruppi di ricerca guidati da Stefano Piccolo, docente del
Dipartimento di Biotecnologie mediche dell’Università di Padova, e
da Silvio Bicciato, ricercatore dell’ateneo patavino ora trasferitosi al
Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli studi di
Modena e Reggio Emilia.
Combattere le metastasi Il processo metastatico, attraverso il quale
una cellula lascia il tumore primario, entra nel sistema circolatorio
per disseminarsi in altri organi è la principale causa di morte
associata alla patologia neoplastica.
Come ogni processo biologico, anche la metastasi dipende dalla
coordinata accensione e spegnimento di decine, forse centinaia, di
geni. Questo programma non viene inventato "de novo" dalle cellule
tumorali, ma fa parte del normale repertorio di cellule embrionali
che, normalmente durante la costruzione degli organi sono
stimolate a migrare da speciali segnali ormonali, quali i TGF-beta.
Le cellule tumorali metastatiche hanno semplicemente risvegliato
questo programma.
Il gene antimetastasi P63 Fino ad ora si pensava che tale "recupero" di
capacità embrionali fosse un ’superpoterè ad appannaggio di
pochissime cellule nel tumore primario. Lo studio segna ora una
decisa svolta: i ricercatori hanno scoperto che lesioni genetiche
comuni a molti tumori umani, quali quelle di "p53" e di "RAS", se
combinate, definiscono una propensione a un comportamento
metastatico già in stadi precoci della malattia. Per rispondere a questa domanda il gruppo
guidato da Silvio Bicciato ha utilizzato i computer del "Progetto
Biocomputing", finanziato dall’Università degli studi di Modena e
Reggio Emilia nell’ambito del Finanziamento Linee Strategiche di
Sviluppo dell’ateneo - Medicina Molecolare e Rigenerativa, per
identificare un gruppo di geni indicatori in grado di rilevare la
presenza, o meno, del gene antimetastasi "p63".
Permetterà la scelta della terapia migliore Sempre grazie
all’utilizzo di metodi informatici hanno dimostrato, inoltre, che il
livello di questi "marcatori molecolari" può essere utilizzato per
identificare, fin dalla diagnosi della malattia, quei pazienti il cui
tumore "parte con il piede sbagliato".
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