Catania - C’è la mano di tutti in questa storia: la mano dell’arbitro e quella di Marchionni, le manone sante di Buffon, la mano della Provvidenza quando Ranieri ha mandato in campo Poulsen, il brutto anatroccolo che la Juve voleva cacciar via. Una rivincita personale che ci ricorda il bello del calcio, dopo tante brutture. «È stato il gol più importante della carriera», ha ammesso il danese che non sentirà più il peso di un rifiuto (Tottenham), anche se non gli manca l’abitudine al “no” (l’anno passato al Monaco). E soprattutto il peso di quel «purtroppo» sparato in prima pagina da Tuttosport al suo arrivo.
Fra tanti protagonisti, c’è stata pure la testa inafferrabile di Iaquinta. Inafferrabile per i difensori avversari e per il buon senso, quando si è tolto la maglia con tanto di ammonizione che, un minuto dopo, sarebbe pesata per la storia della sua partita. Roba da asilo infantile, anche se l’arbitro non ha messo mano al buon senso.
Al tirar delle somme la Juve dà una mano a se stessa e forse al campionato, giusto per non considerarlo già lucchettato e ingabbiato nei poderi dell’Inter. Ranieri prima ha cercato tutte le soluzioni per non mollare altro terreno ai nerazzurri, poi ha acceso le micce delle chiacchiere in libertà. Tutti a lamentarsi di arbitri e arbitraggi (leggi Mourinho in testa) ed allora meglio non lasciar spazio nemmeno in questo caso. Morganti ha provato di tutto per farsi mettere allo spiedo. Zenga ha fatto l’indiano («Mi sa che me ne torno in Turchia»). Ranieri l’italiano. «Sono rimasto l’unico scemo a non lamentarmi. Forse sono stupido. In ogni partita si potrebbero trovare mille errori. Ma vogliamo sempre buttare benzina sul fuoco? L’Inter ha avuto favori e sfavori come tutti. Collina ha detto di usare le maniere forti contro le grandi. Noi abbiamo accettato e zitti! Parlo per tutti gli italiani, non solo per Mourinho».
In attesa del pepe sul campo, meglio ripartire dai randelli fuori campo. Però, ammettiamolo, tre anni fa quale arbitro si sarebbe provato in un simile sgarbo alla Juve? Iaquinta segna e dopo un minuto vien spedito via, lasciandola in dieci per 80 minuti.
Poi ci son risultati e gioco. E qui non bastano le trovate da circo. Vittoria all’ultimo respiro, all’ultimo errore, all’ultimo soprassalto. Vince la Juve della rivoluzione: dovevano stare in panchina Camoranesi, Iaquinta, Tiago e Poulsen. Invece ognun per il suo hanno messo qualcosa per portarla in salvo. Iaquinta doveva partire da Torino, anche se ieri ha negato l’idea. E ha segnato il gol che ha lanciato la squadra. Poi quell’entrata spaccona (non da ammonizione) e sono stati dolori. Però, proprio a Catania, anche Muntari ci ha rimesso le penne per un’idea del genere. Dalle sbadataggini arbitrali (trattenuta di Legrottaglie su Morimoto, colpo di mano di Marchionni che gridava al rigore) sono nati i dubbi sulla partita, ma anche sulla Juve: difesa inaffidabile, non a caso Buffon è tornato super, caldamente abbracciato dalla squadra. Senza di lui la Juve avrebbe subito almeno un paio di gol (c’è pure una traversa di Baiocco).
Il centrocampo ha ritrovato in Tiago un giocatore di classe e cervello. Amauri ha coperto i mugugni panchinari di Del Piero, sorpresa nelle sorprese. La Juve poteva anche perdere. Invece ha vinto. Difficile fidarsi del pallone.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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