Stavolta il botto è doppio. Finisce allo spiedo la Juve, ma teme di finire arrosto anche il calcio italiano. Rischia di perdere un posto Champions fra un paio di stagioni. Il testa a testa con i tedeschi puntava sui buoni uffici juventini: fate fuori il Bayern e il gioco è quasi fatto. L’Italia aumenta i suoi punti, la Germania ne perde qualcuno, il ranking Uefa è salvo. Ma la Juve si è dimostrata squadra un po’ zuccona e calcisticamente impreparata. Vai e fidati.
Adesso è tutto uno sfilare di musi lunghi e musi rossi. Ferrara che tiene la squadra a rapporto. Blanc che dice: «Il tecnico non si tocca». Credibili nella buona fede. Ma improponibili. Tanto di cappello, piuttosto, a Buffon che ha rinviato l’operazione a lunedì, per giocare sabato a Bari. Il resto è muffa, nebbia, stato depressivo. La Juve non aveva mai perso con un punteggio tanto pesante nelle coppe europee. Aggiungiamo i cori a Balotelli che non sono mancati neppure stavolta, e il patatrac è totale: potrebbe intervenire l’Uefa.
E qui si disegna la geografia delle colpe. «Non c’è solo un colpevole. Non esiste la parola Io, ma soltanto noi. Impariamo dai nostri errori e lavoriamo ancora più duro. C’è poco da dire e molto da fare», ha fatto sapere Del Piero con apprezzabile realismo. Ma proviamo ugualmente a far di conto: Melo e Diego, 50 milioni in due, sono diventati patacche, dopo gli stupori estivi. Del Piero è sempre più palla al piede, alla faccia dei romantici. Cannavaro ha buona stampa, ma possibile che, con lui in campo, qualunque difesa sia immancabilmente votata allo sbando? Grosso è limitato, Caceres non sa difendere. Il centrocampo si sbriciola sempre. Il gruppo azzurro non è esaltante. Il centrocampo si sbriciola sempre. Trentacinque infortuni sono da allarme rosso. Buffon, Sissoko e Chiellini rappresentano le uniche sicurezze. Per il maliano potrebbe aprirsi l’idea di una cessione. Sarebbe l’ennesima follia. La Juve andrà in rosso di una quindicina di milioni (quelli previsti dalla Champions), dopo essere in passivo di una ottantina per gli acquisti degli ultimi due anni. Serviva D’Agostino, c’è Melo: quale scienziato ha suggerito l’idea?
Le sconfitte finora sono 5, ma gli sconfitti almeno quattro. Blanc, presidente con passato certo e futuro da inventare. Il ds Secco, l’uomo mercato, bravo ma ancora under. Il patron John Elkann, che ha solo il pregio di avere avuto un nonno. E quel poveretto di Ciro Ferrara che si è già giocato il futuro. Non solo alla Juve. In breve: questa non è ancora una società calcisticamente solida. Potrà gestire tutto, dal marketing allo stadio: non una squadra di pallone.
Ferrara sta fallendo innanzitutto per colpa di chi lo ha messo in panchina. Anche le maestre di un asilo avrebbero capito che un esordiente sulla panca bianconera non era l’ideale. Non lo era, soprattutto, nell’anno di un consistente rinnovo della rosa e con la necessità di vincere lo scudetto e correre di più in Champions. Ma Blanc avrà ascoltato Marcello Lippi, mai felice su scelte che non siano squisitamente tecniche. L’anno passato, quando il gruppo Del Piero mise in fuorigioco Ranieri, i dirigenti pensarono a vari tecnici (questa estate tornerà di moda Gasperini). Venne valutata anche l’ipotesi Mancini. Ma poi ci toccherà nasconderci in un bunker, si dissero. Stessa linea tenuta sull’acquisto di Stankovic. I tifosi non lo vogliono, dunque non prendiamolo. E se ne sono visti i risultati.
Salvo naufragio anticipato, Ferrara cercherà di chiudere la stagione: inutili le illusioni.
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