L’Anm chiede aiuto a Napolitano per fermare la riforma di Castelli

Il sindacato magistrati invoca lo stop alle disposizioni «più mortificanti»

Anna Maria Greco

da Roma

Preoccupato per le promesse mancate del governo Prodi, il vertice dell’Anm cerca una sponda nel Quirinale. La giunta dell’associazione dei magistrati coglie l’occasione dell’incontro di auguri al presidente Giorgio Napolitano, per un settennato «fervido e ricco di opere», e mette sul tavolo le sue due grandi preoccupazioni. La prima e principale è la richiesta di bloccare le «disposizioni più negative e mortificanti» della riforma Castelli sull’ordinamento giudiziario. La seconda riguarda l’efficienza della macchina-giustizia e la ragionevole durata dei processi e fa eco all’appello che lo stesso Capo dello Stato ha lanciato a giugno alle toghe, presiedendo per la prima volta il Csm.
Un incontro di un’ora, sul Colle, in un clima che il «sindacato» dei magistrati definisce «cordiale e molto franco», oltre che «positivo e per noi soddisfacente», complimentandosi con Napolitano per la sua «straordinaria informazione, attenzione e competenza anche sui passaggi più specialistici dei temi affrontati». Ma alle spalle del colloquio ci sono forti tensioni che percorrono le correnti delle toghe, tutte insoddisfatte per il mancato intervento con decreto-legge del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che giudica la riforma da sospendere, correggere, ma non «demolire»; e dei partiti della maggioranza che non sembrano ansiosi di prendere di petto i problemi dell’universo giudiziario. Infatti, 12 giorni fa l’Anm ha minacciato uno sciopero a settembre, che Mastella vorrebbe a tutti i costi evitare, se la moratoria del nuovo ordinamento giudiziario non sarà approvata entro il 4 agosto. Una data che è dietro l’angolo. Sarebbe il quinto sciopero per avversare queste norme, il primo contro il governo Prodi, dopo i quattro contro il governo Berlusconi.
E Napolitano che può fare? Molto, sia come capo dello Stato che ha scelto un profilo politico, che come presidente dell’organo di autogoverno delle toghe. Ecco, allora, che l’associazione cerca il suo appoggio, malgrado le critiche espresse dal Capo dello Stato, sempre a palazzo de’ Marescialli, sullo strapotere delle correnti che danneggia, ad esempio, la correttezza e rapidità delle nomine ai vertici degli uffici e la raccomandazione di «rimanere nei limiti», non fare battaglie corporative ma di aprirsi al dialogo con la politica, nell’interesse del Paese.
Sono il segretario dell'Anm Nello Rossi e il presidente Giuseppe Gennaro ad esporre a Napolitano i nodi da sciogliere. «Abbiamo ribadito al presidente della Repubblica - dichiara Rossi - che i magistrati sono i primi a volere una riforma dell'ordinamento, ma sembra necessaria al momento una sospensione di carattere temporaneo per consentire al legislatore di riscrivere le parti della legge Castelli che non essendo vive e vitali non sono assolutamente in grado di funzionare». Questo, non per bloccare ogni innovazione, assicurano i magistrati, ma per poter introdurre quelle correzioni, anche «radicali», necessarie per realizzare «una vera riforma».
Quanto alla questione della funzionalità della giustizia, il discorso riferito dal segretario dell’Anm è questo: «Se è vero che la Costituzione, con l'articolo 111, ha garantito ai cittadini italiani una ragionevole durata dei processi occorre che questa promessa venga realizzata attraverso misure normative e finanziarie che snelliscano l'efficienza della macchina giudiziaria».
Chiuso l’incontro al Quirinale, l’Anm apre un altro fronte di attacco al governo, sul decreto-Bersani per la competitività.

Il blocco delle spese di giustizia (le anticipazioni da parte degli uffici postali) dev’essere rimosso al più presto, afferma una nota rivolta ai ministeri dell’Economia e delle Finanze, che esprime «viva preoccupazione sui tempi di attuazione delle nuove istruzioni per attivare le “ordinarie procedure stabilite dalla contabilità generale dello Stato”».

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