L’attività dei mitocondri a favore della cellula un domani potrà essere accelerata o frenata

Un suicidio potrebbe salvarci la vita. Non è un paradosso e nemmeno una provocazione, solo il succo degli studi di Luca Scorrano, 38 anni, brillante cervello per fortuna solo parzialmente in fuga, grazie all'Istituto Telethon Dulbecco, che gli consente di lavorare anche presso l'istituto veneto di Medicina Molecolare di Padova. Il suicidio di cui si occupa Scorrano è particolare: il professore (è ordinario a Ginevra) studia i mitocondri, microscopici organuli che controllano e regolano la cosiddetta morte cellulare programmata. «È un meccanismo necessario - spiega - che serve a eliminare le cellule vecchie o danneggiate». Non sanno cos'è l'egoismo, le cellule, quando si rendono conto di non essere più utili, tolgono il disturbo da sole, si autoeliminano sotto la supervisione dei mitocondri. Ma nessuna macchina è perfetta e i guasti si chiamano tumori o malattie degenerative, come Alzheimer e Parkinson, oppure infarto cardiaco e ictus. Nel primo caso, quello delle neoplasie, i suicidi sono pochi e le cellule colpite dal cancro prosperano; nel secondo, invece, il suicidio avviene troppo in fretta, è incontrollato e incontrollabile. Scorrano, con la sua équipe, sta cercando di accelerare o di frenare il processo. «L'idea - afferma - è quella di riuscire a creare dei farmaci con questi compiti. Ma una effettiva applicazione clinica è ancora lontana».
Importanti passi avanti sono stati fatti nel campo dell'atrofia ottica dominante, malattia genetica che causa la cecità progressiva nei bambini in età prescolare e rappresenta la forma più comune di neuropatia ottica ereditaria. La patologia è una conseguenza della degenerazione dei neuroni che trasportano il segnale visivo dall'occhio al cervello. Scorrano ha individuato la causa: un difetto di una proteina chiamata OPA1, che ha la funzione di fare da collante tra i mitocondri. I quali, di fatto, si possono assemblare in strutture a forma di tubo simili a lunghi cavi elettrici dando vita a una rete ad alta tensione che trasmette energia alla cellula.

Non solo: i mitocondri sono interessati pure nel processo di migrazione dei globuli bianchi. «Quando c'è una patologia - conferma Scorrano - i globuli bianchi devono raggiungere la parte malata del corpo. I mitocondri li fanno sfrecciare come una Ferrari»

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