«Chai tanta gloria, nessuna squadra ce passerà. Ogni partita è na vittoria, ogni romano è n bon tifoso e sa strillà». Di gloria e di vittorie ne sono passate tante in quello stadio di via Zabaglia in un rione oggi centrale ma allora periferico, 20mila spettatori e (caso raro per lepoca) un campo in erba. Ma a essere passati sono pure gli anni: ottanta tondi tondi. Era il 3 novembre 1929 e lAS Roma su quel campo batteva il Brescia per 2-1. Una doppia soddisfazione, visto che il soprannome dei bresciani è «rondinelle». E se si pensa che la Rondinella evoca pure colori biancazzurri, il gioco è fatto. Non si tratta di un campo qualsiasi: il suo nome è Campo Testaccio. Una leggenda quella del Campo progettato dallingegner Silvio Sensi, papà del compianto Franco, come la collina artificiale che lo ospita che vuole ora che si sia formata con i cocci delle anfore rotte, ora con laccumulo delle macerie di Roma incendiata da Nerone. Una gloria fatta sì di qualche sconfitta e qualche pareggio. Ma soprattutto di 103 vittorie: lo stesso numero di gol realizzati da una leggenda della Roma di quegli anni, Rodolfo Volk. Alcune delle quali clamorose. Come quella, correva il marzo 1931, contro una Juventus che si apprestava a vincere cinque scudetti consecutivi, liquidata con un sonoro 5-0. E la simbiosi tra giallorossi e tifosi era tale che, per opera di un certo Totò Castellucci, ne scaturì un inno, una canzone. Che negli anni Ottanta, grazie al grande Sandro Ciotti, conobbe pure unincisione su disco con la voce di Vittorio Lombardi. E non è raro ancora oggi sentire i giovani tifosi giallorossi intonare, a tutte le partite della «maggica», la canzona. Ma non tutti sanno che quel 5-0 valse pure la realizzazione di un film per la regia di Mario Bonnard, intitolato appunto Cinque a zero, di cui si sono perse per lungo tempo le tracce ma che di recente ne è stata recuperata una copia a Parigi.
Campo Testaccio venne abbattuto nellottobre 1940, ma la Roma testaccina no. Che, ironia della sorte, giocò la sua ultima partita in via Zabaglia contro il Livorno, battuto (guarda un po) per 2-1. Uno stadio, quello di Testaccio, che ha visto protagonisti personaggi del calibro di Guido Masetti «chè primo portiere», Fulvio Bernardini «che dà scola allargentini» o di Amadeo Amadei e Naim Krieziu (unici testimoni ad oggi viventi di quellepoca oltre che del glorioso primo scudetto 1941-42). E i cui fasti rivivono oggi, a ottant'anni di distanza, grazie allUtr (Unione tifosi romanisti) che ha deciso di celebrare l'evento con una festa. Alla quale non potevano mancare tifosi doc come Claudione Amendola o Antonello Venditti. Ma pure Tonino Tempestilli, Ciro Di Martino, Marco Conidi e il nuovo dirigente Gian Paolo Montali. Una festa che sarà pure loccasione per premiare uno che Campo Testaccio (unicamente per questioni anagrafiche) lha vissuto solo da tifoso.
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