L’esilarante voglia di «normalità» di una strega

L’esilarante voglia di «normalità» di una strega

Claudio Fontanini

Che succede se un’ammaliante strega, nascosta sotto le apparenze di una bella antiquaria, usa le sue arti magiche e quelle della sua famiglia, per far innamorare di sé un editore famoso mandandogli all’aria l’imminente matrimonio? Scritta da John Van Druten nel 1950 (è del ’58 la famosa pellicola di Richard Quine con Kim Novak, James Stewart e Jack Lemmon nel ruolo del fratello maliardo) Una strega in paradiso, in scena al Manzoni fino all’11 giugno per la regia di Silvio Giordani, è una commedia ironica e gustosa piena di equivoci e sortilegi. Vittima dell’incantesimo gettato su di lui da Gilda (Nathalie Caldonazzo), quattrocento anni di onorato servizio alle spalle e tanta voglia di «normalità», Gianmarco (Pietro Longhi) s’innamora perdutamente della strega, annulla le sue nozze e si stabilisce sotto il tetto dell’amata. Peccato che tra eccentriche zie (la pimpante Sandra Caruso), fratelli con scarpe sgargianti e in vena di numeri ad effetto (il vulcanico Roberto D’Alessandro) e scrittori ubriachi che spuntano dal nulla (Emanuele Magnoni), il pover’uomo si accorga ben presto che non è tutto oro quel che luccica. Per Gilda, in bilico tra due mondi, non sarà facile venirne a capo, tanto più che una strega innamorata è destinata a perdere i suoi poteri. Esorcismi e fatture, pozioni e spiriti propiziatori, coincidenze sospette e abracadabra, gatti (quello della padrona di casa si chiama Cagliostro ma c’è anche uno Stop trovato ad un incrocio...) e pappagalli gialli, testi sacri («La Bibbia? Inizia con un uomo e una donna in un Paradiso incantato e finisce con l’Apocalisse») e potenti rivali («I Santi amano gli altri e non pensano a loro stessi, per noi è esattamente il contrario» dice la zia di Gilda), pillole di filosofia («Un uomo che non è sposato è incompleto...

poi è finito!» recita Longhi nell’ultima battuta), macabre maschere e intrugli di piedi sporchi in un’ora e mezza di divertimento elegante, sofisticato e leggermente datato nonostante l’aggiornamento del testo. Recitazione classica e mai sopra le righe per i due affiatati protagonisti che ben si compendiano nelle scene di Celentano.

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