L’Europa trionfa, anzi no: ora è più fragile di prima

Bene la missione dell’Eliseo, elogiata anche da Bush. Ma Mosca è più forte grazie al gas e la Ue è ricattabile

Ma l’Europa esce bene o male dalla crisi in Georgia? La notizia della tregua, propiziata da Sarkozy, è stata accolta inizialmente con molto entusiasmo; ma una valutazione più distaccata degli ultimi travagliati sei giorni induce alla cautela e non solo perché le scaramucce di ieri dimostrano la fragilità del cessate il fuoco.
Iniziamo da Sarkozy. Quante volte in passato i giornali hanno rimproverato l’Unione europea di essere ininfluente e intempestiva? A ogni crisi, la solita litania. Ora non più. Il capo dell’Eliseo, nelle vesti di presidente di turno della Ue, si è mostrato reattivo e dinamico. Un tornado, finalmente. E bene hanno fatto gli altri leader europei, da Berlusconi alla Merkel, a sostenerne gli sforzi. Diciamolo francamente, noi europei non avevamo alternative.
Ma proprio questa è, paradossalmente, la nostra debolezza. L’Europa ora sa di non avere margini di manovra nel nuovo scenario geostrategico. Fino a poco tempo fa il quadro era chiaro: avevamo un alleato potente, gli Usa, con cui avevamo concordato le grandi scelte politiche dopo la caduta del Muro di Berlino, con la sola eccezione della guerra in Irak. Eravamo al fianco dell’America nei Balcani e avevamo accettato volentieri di accelerare il processo di allargamento dell’Unione europea (e della Nato) per rendere irreversibile l’alleanza con i Paesi dell’Est e proteggerli da eventuali revanscismi russi.
Mosca d’altronde, dal 1991 al 2004, era sembrata debole, povera, remissiva. Anzi, la crisi finanziaria del 1998 aveva persuaso le capitali europee che la Russia sarebbe stata a lungo finanziariamente dipendente dal Vecchio Continente. E dunque, con una certa spensieratezza, l’Europa aumentò l’import energetico dalla Russia, soprattutto di gas. Sembrava un accordo tra pari: loro avevano il metano, noi i soldi. Perché preoccuparsi?
Ma negli ultimi quattro anni gli Usa hanno perso buona parte della loro supremazia sia politica (a causa dell’Irak), sia economica (per la crisi dei subprime), mentre la Russia si è sviluppata a velocità supersonica, grazie al boom dei prezzi delle materie prime. E oggi i ruoli sono rovesciati: gli americani non hanno più la forza di imporre la propria volontà nel mondo, mentre i russi non hanno più bisogno degli europei, perché hanno azzerato il debito pubblico e possiedono ricchezze ormai immense; ma noi continuiamo a dipendere da loro. Se Mosca chiude i rubinetti dei gasdotti gran parte dell’Europa d’inverno rimane al gelo.
La missione di Sarkozy ha messo in luce la debolezza strutturale della Ue. Per salvare i nostri interessi, siamo stati costretti a distanziarci da Washington. Nulla di irrimediabile, ma la svolta è innegabile. Loro si sono schierati senza indugi dalla parte della Georgia, noi ci siamo mostrati molto più dialettici. Visto come è andata, avevamo ragione noi ed è significativo che lo stesso Bush abbia espresso apprezzamento e pieno sostegno al piano di pace in sei punti di Sarkozy. Ma se ripercorriamo la giornata di martedì appare evidente come il presidente francese sia stato molto più compiacente con i russi che con i georgiani. Di certo non è stato lui a indurre il Cremlino ad accettare il cessate il fuoco, bensì il duo Putin-Medvedev a deciderlo autonomamente, un’ora e mezza prima che l’aereo dell’Eliseo atterrasse a Mosca. La Russia ha vinto militarmente la guerra e poi ha dettato le condizioni della pace, come è emerso durante la conferenza stampa, quando Sarkozy è rimasto in silenzio, visibilmente imbarazzato, mentre Medvedev apostrofava il presidente georgiano Saakashvili dandogli del «pazzo assetato di sangue» e del «bastardo».
Il capo dell’Eliseo è stato bravo nello scongiurare l’irreparabile (l’invasione di tutta le Georgia) e nel convincere Mosca che richieste come quella di tradurre Saakashvili al Tribunale dell’Aja sarebbero state assurde. Insomma, poteva andare anche peggio; ma parlare di un trionfo europeo è inopportuno, anche perché le prospettive non sono promettenti. Alla prossima crisi che succederà?
Contrariamente agli Usa, l’Europa riesce a farsi ascoltare dal Cremlino, ma non possiede strumenti convincenti per opporsi alle sue pretese. Siamo sempre, potenzialmente, sotto ricatto e questo spiega l’allarme della Polonia e dei tre Baltici, che la dominazione comunista l’hanno subita a lungo.

Certo, la Russia non è l’Urss, ma l’immagine dei cingolati che entrano in un altro Paese ha ravvivato antiche angosce. Loro, di Mosca, ancora non si fidano. E questo l’Unione europea non può ignorarlo.
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