Con l’idea del leader Prc un eletto guadagnerà quasi 1.500 euro al giorno

La retribuzione mensile resterà di 15mila euro netti ma calerà l’effettiva permanenza a Montecitorio. Risultato: compenso aumentato del 33%

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

Due conti in tasca ai deputati (se li staranno facendo anche loro) alla luce della nuova proposta di organizzazione dei lavori parlamentari su tre settimane al mese anziché quattro. Il risultato è che la busta paga resta formalmente invariata, ma si gonfia se calcolata sui giorni effettivamente lavorati. Con la regole attuali, ogni giorno a Montecitorio frutta 1.088 euro netti; domani potrebbero diventare 1451. Un bonus del 33%.
L’indennità. Il conteggio parte dalla ricostruzione dello stipendio di un deputato. «Ricostruzione» perché le voci sono diverse e non omogenee. Quella principale è l’indennità, ovvero la retribuzione per l’esercizio del mandato parlamentare. Prevista dall’articolo 69 della Costituzione, non può superare quella di un magistrato presidente di sezione della Corte di Cassazione.
L’ultima legge finanziaria l’ha ridotta del 10%, portando l’importo mensile a 11.191. Si tratta dell’indennità lorda: sottratte le varie ritenute (fiscali, previdenziali e per l’assistenza sanitaria integrativa), oltre al contributo per l’assegno di fine mandato (una specie di liquidazione) e per l’assegno vitalizio (la pensione) restano 5.419 euro netti.
La diaria. A fine mese il deputato può contare su una serie di benefit monetari che rendono bene e, in quanto figurano come rimborsi, non sono soggetti a tassazione. La diaria garantisce 4mila euro per la permanenza a Roma. Per incentivare la partecipazione ai lavori parlamentari, è previsto un meccanismo di riduzione in caso di assenza: il deputato perde 206 euro per ogni seduta dell’assemblea in cui non prenda parte ad almeno il 30% delle votazioni con il sistema elettronico.
In pratica, essendo le votazioni concentrate nei giorni centrali della settimana e potendo contare su una generale tolleranza per i «pianisti» (i deputati che votano anche per gli assenti), la diaria viene incassata in pieno.
Altri rimborsi. Ogni mese la Camera versa al deputato (tramite il gruppo di appartenenza) 4.190 euro a titolo di «rimborso forfettario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori». Poi c’è il capitolo «spese di viaggio». Una tessera speciale garantisce «libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea». Tutto gratis. Come se non bastasse, si aggiungono 1.108 euro per arrivare da casa all’aeroporto di partenza e, una volta atterrati, da Fiumicino a Montecitorio. Tale cifra aumenta fino a 1.332 euro se l’aeroporto di partenza dista oltre 100 chilometri da casa.
I viaggi all’estero sono conteggiati a parte, con un rimborso annuo di 3.098 euro, che fanno 258 euro mensili. Cifra analoga viene destinata a coprire le spese telefoniche (la Camera non fornisce cellulari e dal 1990 non rimborsa più le spese postali).
Il conto. La somma di queste voci è 15.236 euro (al netto di tutte le ritenute). Questo è dunque lo «stipendio» mensile del deputato. Ora calcoliamo quello per ogni giornata effettivamente trascorsa a Montecitorio. Oggi i deputati lavorano martedì, mercoledì, giovedì e venerdì mattina per quattro settimane. Totale: 14 giorni al mese. Ogni giornata lavorativa vale 1.088 euro. Con la proposta di Bertinotti, i giorni diventano 10,5 al mese. E la resa quotidiana sale a 1.451 euro.
Davvero un bell’affare. Tanto più che si tratta dell’unico caso di riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio decisa dagli stessi beneficiari.

Fausto Bertinotti la propose per tutti i lavoratori dipendenti ai tempi del primo governo Prodi. Seguirono dibattiti, polemiche, minacce di crisi di governo, ma non se ne fece niente. Ora finalmente si comincia. Dai deputati.
giuseppe.salvaggiulo@ilgiornale.it

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