L’India ha stregato i nostri lettori con la sua magia

«Namastè» è forse la parola più utilizzata in India. Tutti ti accolgono con un inchino e con questa frase pronunciata a mani giunte sulla fronte. È, di fatto, un saluto che vale per il nostro buon giorno e buona sera ma, per gli indiani, è davvero un caloroso benvenuto. Sia negli alberghi di lusso, dove siamo stati ospitati, sia per le strade, nei templi, nei ristoranti e nei negozi.
E un caloroso benvenuto è proprio quello che abbiamo ricevuto in ogni luogo dove siamo stati durante questo splendido viaggio nel sub-continente indiano. E a definirlo splendido non sono stato io ma tutti i 140 lettori che vi hanno partecipato. Alcuni, purtroppo soltanto nelle prime tre tappe: Dehli, Agra e Jaipur, altri anche a Jodhpur e Udaipur.
Tutti, comunque, hanno concordato - anche nelle affettuose lettere arrivate in questi giorni in redazione - che questo viaggio è stato davvero speciale non solo per le bellezze artistiche, paesaggistiche, architettoniche che abbiamo ammirato, ma soprattutto per la popolazione e il modo in cui vive. Tutti siamo tornati a casa spiritualmente arricchiti da questa esperienza che sicuramente sarà anche occasione di riflessione personale per un lungo periodo.
Negli occhi di tutti sono rimasti i fantastici colori dei vestiti tradizionali delle donne indiane: semplici ed eleganti portati con fierezza anche nelle situazioni di massima indigenza. E cosa dire di quelle immagini familiari di mamme lavoratrici, stradine, operaie in cantiere o giardiniere, che si portavano i figli sul posto di lavoro non sapendo dove lasciarli?
Le immagini che ci siamo portati a casa sono talmente tante, differenti e contrastanti che ci vorrebbe un libro per ricordarle tutte. Le facce molto espressive dei nostri lettori durante gli azzardati sorpassi in pullman con la guida a sinistra su strade ad una sola corsia. Gli sguardi ammirati al Taj Mahal, all’Amber Fort, a Fatehpur Sikri, al tempio dei Sikh e a quello giainista. E poi, ancora, il giro a dorso di elefante. O quelli sulle carrozzelle e sui rickshaw in mezzo ad un traffico caotico e ingestibile fatto da camion, bus, automobili, carretti tirati a mano o da cammelli, taxi normali e ape car, motorini, biciclette e pedoni. Un applauso alla maestria degli indiani che riescono a districarsi in questo caos totale. E un applauso anche ai nostri lettori che si sono lanciati coraggiosamente (qualcuno molto titubante) a bordo di mezzi improbabili nel traffico cittadino. Ma questi giri a bordo di mezzi locali, oltre a divertirci, sono serviti anche a avvicinarci alla popolazione, a girare nei vicoli più angusti dove si svolge la vita vera e non quella turistica che si può ammirare comodamente seduti sui nostri pullman di lusso.
E i lettori hanno provato emozioni contrastanti: qualcuno si è messo a piangere considerando lo stato di miseria (secondo i nostri parametri occidentali) in cui vive e lavora la popolazione. Altri sono stati sedotti dai colori, dalla vivacità dei mercati, dalla serenità con cui il popolo indiano affronta quotidianamente una qualità di vita - spesso sopravvivenza - alla quale noi non siamo più abituati. E molti hanno chiesto di uscire anche di sera a piedi per poter vedere ancora più da vicino e con calma scene di vita quotidiana.
Ma il nostro viaggio è stato anche altro: come non ricordare la splendida cena in giardino preceduta da danze folkloristiche e terminata con fuochi artificiali tra cui anche un «Good Bye il Giornale», scritto con fiori gialli sul verde dell’erba e con fuochi colorati nel cielo, dedicato ai lettori che sono rientrati in Italia dopo la prima parte del viaggio? E come non pensare allo splendido tramonto ammirato dall’alto della fortezza di Udaipur ? O allo shopping sfrenato di gioielli a Jaipur; tappeti, copriletti, pashmine e cachemire a Jodpur; agli abiti, camicie, pantaloni fatti fare al momento da abili sarti e consegnati la sera in albergo? E cosa dire degli incontri avuti con i nostri lettori sia durante le conferenze (di Livio Caputo, Stefano Passaquindici, Maria Grazia Coggiola e, a sorpresa da Silvano Boroli - ex coeditore de il Giornale, venuto con noi in incognito come turista -, sia a bordo dei pullman durante le tappe di trasferimento, sia negli alberghi e nei ristoranti? E le amicizie nate tra i partecipanti?
Di tutto questo piacere dobbiamo ringraziare voi lettori, senza i quali questo viaggio non ci sarebbe stato ma - dopo averlo provato e capito le difficoltà organizzative in un Paese come l’India - anche Giovanni Medaglia, titolare di Passatempo, Gianni e Pierangela e tutto lo staff.

Così anche come i signori Parthi e Hari - proprietari della Swagatan Tour, corrispondente locale - che, con il loro staff e le loro guide, hanno reso piacevole il nostro soggiorno.
Infine, sul sito www.ilgiornale.it, è già attiva la sezione viaggi (in basso a destra) dove si possono inviare foto e commenti e vedere quanto già pubblicato da altri lettori.

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