da Milano
«Ho ritrovato una squadra con una voglia di vincere ancora più grande. Ma non sono stato poi così tanto lontano da questa maglia, dove ci sono io c’è anche l’Inter. Siamo inseparabili».
Javier Zanetti, 34 anni il giorno di San Lorenzo, quinto nel premio fedeltà dopo Bergomi, Facchetti, Mazzola e Beppe Baresi, parte in dribbling per il tredicesimo campionato in nerazzurro. E lo fa al solito modo: piedi ben piantati a terra, da quella parte non si passa. E non ditegli che non molla perché solo ora ha cominciato a vincere. Si potrebbe arrabbiare.
«Sì, perché anche nei momenti difficili, per me e per la squadra, non ho pensato nemmeno per un attimo di cambiare aria. Certo, ora è più bello, ma io sono sempre qui. A disposizione di questo gruppo».
Sono arrivati Chivu e Suazo: che cosa daranno in più all’Inter?
«Suazo è formidabile, conosce molto bene il campionato italiano e può mettere in difficoltà chiunque. Chivu è giovane, ma ha già una grande esperienza. Faranno molto bene».
Non solo Chivu: è stato il mercato dei difensori. Che cosa significa?
«Che prima bisogna imparare a difendere. È da lì che si costruiscono le vittorie».
Finite le critiche per i risultati, non cessano quelle sui tropppi stranieri dell’Inter. Quanto vi danno fastidio?
«Solo quando ci accusano di non sentire la maglia dell’Inter perché non siamo italiani. Come se uno con addosso il nerazzurro pensasse alla propria nazionalità...».
Resta il fatto che se anche la Juve sceglie la deriva straniera, come dimostra l’ultima campagna acquisti, per il calcio italiano non è un bel segnale.
«E perché? A lungo andare il campionato diventa più affascinante, se le grandi squadre si affidano agli stranieri significa che sono di valore. Non vedo alcun impoverimento per il calcio italiano».
Il Milan ha investito 22 milioni su un ragazzino di 17 anni: azzardo o colpo grosso?
«Io, Pato non lo conoscevo, ma dal poco che ho visto mi sembra che abbia i numeri. Il Milan ha fatto una scelta che tornerà buona in futuro. Se mi stupisce il prezzo? Ormai non mi stupisco più di niente».
Nemmeno che sul mercato il Milan sia andato praticamente in bianco?
«Mancano ancora venti giorni alla fine della campagna acquisti, non credo che il Milan si fermerà. Ma non avrei paura nemmeno se arrivasse Ronaldinho, l’Inter non è inferiore a nessuno».
Quattro novembre: Juventus-Inter. Avrete gli occhi del mondo addosso.
«E le altre volte no? C’è sempre stata tanta storia in questa partita. E con tutto quello che è successo nell’ultima stagione, chi vince si porterà a casa sempre e solo tre punti. C’è un’attesa esagerata».
Una volta per tutte: di quello che è piovuto da Torino, che cosa vi ha dato più fastidio?
«Io credo che i giocatori della Juventus non c’entrino niente in quello che è successo. Si sono trovati in una situazione difficile e si sono dovuti adeguare. Quindi li capisco. Quello che non sopporto invece è stato il tentativo di mettere le due società sullo stesso piano, di coinvolgerci in Calciopoli. Ma ora tutto appartiene al passato. Basta con questa storia».
Buffon, Nedved, Camoranesi e Trezeguet: tutti i big sono rimasti. Se l’aspettava?
«Evidentemente credono nel progetto. La Juve arriva da un anno difficile, ma per la sua storia non potrà non essere già competitiva».
Ha un consiglio da dare ad Adriano?
«Abbiamo parlato tante volte. Le qualità non si discutono, ora deve stare solo tranquillo. Mi piace molto la voglia che ha e gli sforzi che sta facendo per tornare in forma».
Che cosa manca all’Inter per vincere in Europa?
«Eravamo già pronti l’anno scorsa, ma la partita di Valencia è arrivata nel momento più difficile, ci mancavano troppi giocatori importanti. Ci abbiamo provato, ma un episodio ci ha condannato. Del resto la Champions è così. Per questo vincere il campionato è più difficile, serve la continuità. L’Europa è tutta un’altra cosa...».
Nemmeno un po’ di invidia quando ha visto Maldini alzare la coppa dei Campioni nella notte di Atene?
«Nella mia vita la parola invidia non esiste. Avevo appena vinto un campionato in modo travolgentre, ero felicissimo».
Tredici anni di Italia: in che cosa è migliorato e peggiorato il nostro calcio?
«Resta il più difficile e il più competitivo. Su ogni campo si fa sempre molta fatica a vincere. È peggiorato invece perché c’è meno gente allo stadio e a me non piace giocare negli stadi mezzi vuoti».
I motivi della diserzione?
«Calciopoli e la violenza. Ma questo deve essere l’anno del riscatto del calcio».
Che cosa vede nel futuro di Recoba: resta o se ne va dall’Inter?
«Deve scegliere per il suo bene.
E in quello di Zanetti che cosa c’è?
«L’Inter. Io vivo alla giornata, non è ancora ora di fare progetti».
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