L’INTERVISTA I COSTRUTTORI

Regole disomogenee che limitano la circolazione in funzione di tipologie di motori, di giornate e di orari, non favoriscono un approccio disteso tra automobilisti e autorità locali. Se chi guida non vede bene la carenza di uniformità tra i vari provvedimenti, come considera la situazione un'associazione di categoria? Lo chiediamo a Guido Rossignoli, direttore generale Anfia Associazione nazionale filiera industria automobilistica.
«La nostra opinione non è positiva. Siamo a favore di provvedimenti che possano anticipare misure a favore dell'ambiente. Ma questo non deve avvenire con obblighi che colpiscono una parte di automobilisti».
Problema ancor più grave considerando che ogni ente agisce autonomamente.
«La difficoltà è che non esiste una normativa nazionale, e ogni commissione tecnica sceglie secondo criteri personali».
La sfida si gioca soprattutto sul tema del filtro antiparticolato, che sembra essere la discriminante quando si parla di motori diesel. È veramente indispensabile? «Assolutamente no, poiché è dimostrato che sui motori di piccola cilindrata i limiti della normativa Euro 5 si raggiungono anche con tecnologie differenti. Più semplici e meno costose rispetto al filtro. Ma nella maggior parte dei casi questo elemento deve essere aggiunto per non compromettere la mobilità di chi acquista una vettura nuova».
Sono possibili altre strade?
«Sì, anche se per mettere a punto le varie tecnologie possono essere necessari tempi lunghi. In ogni caso noi siamo favorevoli alla liberalizzazione delle scelte per consentire a un costruttore di rientrare nei limiti lasciando spazio all'ingegno dei progettisti, senza imporre soluzioni standard per tutti».
Resta comunque da risolvere l'inconveniente generato dalle vetture di vecchia generazione sulle nostre strade.
«Circa la metà del parco circolante è ancora composto da motori che vanno da Euro 0 a Euro 2, è vero, ma non è corretto riversare su queste auto la totale responsabilità. Numerosi studi hanno dimostrato che il peso del traffico incide in misura nettamente inferiore al riscaldamento domestico. Non a caso il problema si ripresenta ogni anno in questo periodo quando si riaccendono i caloriferi».
Quali potrebbero essere le soluzioni per fare in modo che questo impatto sia ancora meno pesante?
«Gli esempi arrivano dall'estero. In primo luogo dal Giappone, dove solo il 50% degli interventi è concentrato direttamente sui veicoli. L'altra metà interessa le infrastrutture; un approccio integrato con parcheggi più funzionali, e strade più larghe. Non è poi da sottovalutare l'idea francese, che non prevede le chiusure del centro, ma un efficace lavaggio delle strade, la migliore cura contro le polveri sottili».
Simile è la posizione dell'Unrae, l'Unione nazionale rappresentanti auto estere, come conferma la dichiarazione di Antonio Cernizzaro, direttore relazioni istituzionali.


«Siamo consapevoli che i vari enti possono esercitare la loro sovranità, ma allo stesso tempo siamo rammaricati per il metodo usato. Secondo noi dovrebbero essere dettate linee guida dal governo centrale, per evitare discriminazioni e ingiustizie nei confronti degli automobilisti».

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