L’ira del vulcano ferma gli aerei Appiedata tutta l’Europa del Nord

Chiuso lo spazio aereo sopra la Gran Bretagna. Chiusi quelli di Norvegia, Svezia, Olanda, Danimarca, Belgio e Svizzera. Si fermano gli aeroporti parigini Charles de Gaulle e Orly e gli scali di oltre 23 città francesi. Restano a terra un aereo su quattro (circa cinquemila in tutto) e 400mila passeggeri in arrivo e in partenza dagli aeroporti inglesi. Cancellati 49 voli diretti verso il Nord Europa sia a Fiumicino che a Ciampino. L’Alitalia stoppa quelli in partenza per Londra, Amsterdam e Bruxelles. Oltre 466 i voli annullati dalla Spagna, con la riunione dei ministri delle Finanze europee (Ecofin), prevista per oggi a Madrid, che rischia di saltare. Disagi anche in Germania, che ha però mantenuto aperto il suo spazio aereo. Ma questa volta non c’entra Al Qaida. All’origine del caos dei cieli c’è Eyjafjallokull, che non è una cellula terroristica ma il nome del ghiacciaio in prossimità del quale è esploso in Islanda il vulcano che ha scatenato il putiferio in Europa, con gravi conseguenza anche sul traffico aereo statunitense.
Undici chilometri di cenere, un’enorme nube generata dall’eruzione hanno scombinato i piani di milioni di passeggeri e potrebbero farlo ancora almeno per le prossime ventiquattr’ore, ha fatto sapere Eurocontrol, l’organismo europeo per la sicurezza aerea. Fine come la sabbia del deserto, la polvere vulcanica incide sul funzionamento di aerei ed elicotteri come un milione di lime al lavoro. Le ceneri vulcaniche sospese in quota sono molto pericolose per i reattori degli aeromobili, che perdono potenza. «Le palette si erodono tanto velocemente che il motore si può spegnere in volo e non riaccendersi più», spiega Luca Saltelli, ingegnere aerospaziale. E allora tutti fermi, troppo alti i rischi. Con la natura a ricordare che a un certo punto l’uomo deve fermarsi. Pure dall’altra parte dell’oceano i fumi nei pressi del ghiacciaio di Eyjafjallokull fanno sentire la loro forza. Cancellazioni e ritardi al Jfk di New York e all’aeroporto internazionale di Chicago. Perché se Londra si ferma, anche il traffico statunitense va in tilt. E chi può corre ai ripari. La Federal Aviation Administration sta lavorando con per ridisegnare le rotte verso l’Europa, in modo da aggirare la nuvola. Nella capitale inglese e nelle altre capitali europee come Parigi e Bruxelles i passeggeri delusi hanno preso d’assalto gli Eurostar facendo il tutto esaurito sui treni veloci tra Francia e Belgio e il Regno Unito e costringendo la compagnia ferroviaria a raccomandare di non recarsi in stazione per evitare ulteriore caos se non si è riusciti ad aggiudicarsi gli ultimi biglietti. Ma nell’arco di poche ore il caos si trasforma in vuoto negli aeroporti. Deserto Heathrow, il più importante scalo londinese, in attesa della riapertura dello spazio aereo prevista per le 7 di questa mattina.
Resta la paura della durata e delle conseguenze dell’eruzione. L’ultima - ricordava ieri il vulcanologo britannico Bill McGuire - è durata oltre un anno. Mentre scene da apocalisse rischiano di caratterizzare il paesaggio islandese. Le autorità hanno infatti raccomandato alla popolazione di usare maschere anti-gas nel timore che la nube sia tossica e la Protezione civile ha invitato la cittadinanza a non uscire di casa se non strettamente necessario. Una raccomandazione estesa a tutto il Paese in attesa di sapere come si muoveranno i venti di conoscere i risultati del lavoro degli esperti di tutta Europa, che stanno valutando la composizione della nube. Secondo Vincenzo Ferrara, esperto di clima dell’Enea, le correnti di alta quota starebbero spingendo la nube nuovamente in direzione nord. Ma c’è il rischio che una parte di essa scenda verso l’Italia? «Potrebbe arrivare domani su Corsica e Sardegna», ma senza rispercussioni tangibili.

A tranquillizzare i passeggeri italiani è anche il generale Costante De Simone, direttore del Centro nazionale di meteorologia e climatologia dell’Aeronautica di Pratica di mare: «Il rischio che il fenomeno interessi anche l’Italia è attualmente molto basso. Sicuramente non nelle prossime ore».

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