L’Italia darà asilo ai prigionieri politici scarcerati da Cuba

«L'Italia ha dichiarato la sua disponibilità ad accogliere i prigionieri politici liberati dalle autorità cubane. Nei prossimi giorni riceverò la lista dei nominativi dalla nostra ambasciata all'Avana. Poi per farli arrivare da noi garantisco che saremo velocissimi». Lo rivela a Il Giornale Enzo Scotti, sottosegretario agli Esteri con la delega per l’America Latina. Il governo conferma che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, aveva dichiarato di voler aprire le porte ai dissidenti cubani al vertice G8-G20 in Canada dello scorso giugno.
L'accordo sulla liberazione è stato negoziato dalla chiesa di Cuba e dal ministro degli Esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos, con Raul Castro, che ha preso il posto del fratello Fidel a causa dei problemi di salute del líder Máximo. Anche l'Italia ha giocato un ruolo nel convincere il regime socialista a rilasciare i prigionieri politici.
Il 7 luglio, con un comunicato senza precedenti dell'arcivescovado dell'Avana, è stata annunciata la liberazione dei primi sette dissidenti. Una settimana dopo Ricardo Gonzalez, Lester Gonzales, Omar Ruiz, Antonio Villareal, Julio Cesar Galvez, José Luis Garcia Paneque e Pablo Pacheco, accompagnati da una cinquantina di familiari, sono arrivati a Madrid. La Chiesa ha stilato una lista con altri 17 nomi di prigionieri politici in via di scarcerazione.
«In questa fase è prevista la liberazione di 52 dissidenti, ma penso che si arriverà velocemente a 72», spiega Scotti. I primi 52 sono stati arrestati nel 2003 durante la grande retata battezzata «Primavera nera». Tutti condannati per reati ideologici, si definiscono «sepolti vivi». Garcia Paneque, appena liberato, era stato condannato a 24 anni di prigione. Ricardo Gonzalez era un giornalista. Secondo Human rights watch sono circa 200 i prigionieri politici a Cuba. Fra questi Nelson Molinet Espino, un sindacalista che rientra nell'accordo con la Chiesa, finito dietro le sbarre perché ha criticato le condizioni dei lavoratori nell'isola rossa.
Il sottosegretario sottolinea un aspetto fondamentale: «I prigionieri liberati devono poter scegliere se rimanere a Cuba o andare all'estero. La loro partenza non può costituire un obbligo, altrimenti diventa esilio forzato». Una pratica che era in voga ai tempi dell'Unione Sovietica. Per i cubani che sceglieranno di venire in Italia saranno utilizzati i fondi dei rifugiati. «Si tratta di gente di un certo spessore culturale e professionale - spiega Scotti -. La Comunità di Sant'Egidio è disponibile ad occuparsi del loro inserimento nel nostro Paese». L'associazione con base a Roma ha una sede a Cuba. Non solo: il cardinale dell'isola, Jaime Ortega Alamino, ha presenziato al quarantennale della Comunità. L'alto prelato, assieme all'arcivescovo dell'Avana, Dionisio Guillermo García Ibáñez, ha trattato con Castro la liberazione dei dissidenti.
Su quanti arriveranno nel nostro Paese «non abbiamo posto limiti sui numeri» rivela Scotti. L'Italia ha giocato un ruolo dietro le quinte del negoziato. «Abbiamo riaperto la cooperazione alla sviluppo fra Italia e Cuba. Poi c'è stata la visita all'Avana del viceministro Adolfo Urso. In tutte le occasioni di incontro con le autorità cubane è stata posta in primo piano la liberazione dei prigionieri politici condannati per ragioni ideologiche. Per noi costituiva una pregiudiziale nello sviluppo delle relazioni», spiega Scotti.


Un giorno prima che il rappresentante spagnolo Moratinos si recasse a Cuba il sottosegretario agli Esteri lo ha incontrato a Cracovia ribadendo che «il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva garantito l'impegno italiano ad accogliere i dissidenti». Oltre a quelli diretti in Spagna, altri andranno negli Stati Uniti. Pure la Francia è pronta ad aprire le porte.
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