L’ombra di Tonino sulle nomine alle Infrastrutture

RomaLe infrastrutture, una vecchia passione mai sopita. Solo che stavolta, se riuscisse a metterci lo zampino pur dai banchi dell’opposizione, sarebbe veramente un colpo magistrale. C’è aria di nomine al ministero che fu di Di Pietro e che dal 2008 è guidato da Altero Matteoli. La casella da rinnovare non è una qualsiasi, ma è il posto di provveditore alle opere pubbliche di Lazio, Abruzzo e Sardegna, cioè la persona che dovrà gestire nel prossimo mandato una serie di commesse pubbliche del valore complessivo di 5 miliardi di euro. E quale è il nome in pole position per rinnovare la sedia in scadenza ora occupata da Giovanni Guglielmi? Quello dell’ingegner Donato Carlea, attuale provveditore di Campania e Molise, un tecnico molto vicino ad Antonio Di Pietro e all’Idv.
Carlea fu messo lì proprio da Tonino ministro, in sostituzione obbligata di Mario Mautone, allora indagato e recentemente condannato per corruzione dopo un’inchiesta che aveva coinvolto pezzi importanti dell’Idv, primogenito di Di Pietro compreso. Ora a far storcere il naso non è certo il curriculum vitae di Carlea, uno stimato professore universitario di ingegneria civile con una lunga esperienza nel campo delle opere pubbliche. Ma siccome le nomine sono politiche, molti anche dentro il Pdl si domandano perché la scelta - probabile, ma ancora ipotetica - sia caduta proprio su di lui, che è tecnico molto vicino all’Idv. Non solo Carlea ha partecipato in passato a diversi convegni del partito di Di Pietro, in qualità di esperto, ma è anche parente di un notabile dell’Idv campano, cioè Nicola Marrazzo, consigliere regionale dell’Idv ed ex presidente della Commissione bilancio regionale nell’ultima legislatura bassoliniana.
Si racconta di diversi parlamentari Pdl, oltre che Pd, pronti a dare battaglia all’eventuale nomina del «dipietrista» Carlea (fu lo stesso Mautone, in un’intervista, a dire che Carlea è «un uomo di sinistra, vicino all’Idv»), fedele di Tonino ma anche dell’ultrà italvaloriale Stefano Pedica, deputato Idv. L’investitura pare goda anche del sostegno del capo dipartimento dello Sviluppo economico, cosa che rende la via ancora più piana. Resta comunque alto il livello di imbarazzo, acuito dalle recenti posizioni di Di Pietro su Matteoli, il ministro che dovrebbe attuare l’investitura del «suo» uomo al vertice del delicato provveditorato di Lazio, Abruzzo e Sardegna, particolarmente sensibile dopo le vicende della cricca. L’ex colonnello di An è stato toccato da quell’inchiesta, per via di una telefonata in cui, da ministro dell’Ambiente, avvisò il prefetto di Livorno di un procedimento a suo carico riguardante la costruzione di un complesso edilizio sull’isola d’Elba. Quando la Camera ha negato l’autorizzazione a procedere, l’opposizione si è scatenata, con in testa naturalmente proprio lui, Antonio Di Pietro. Che in aula intervenne per denunciare il nuovo «lodo Matteoli» e la «casta che la fa franca»: «Dall’immunità si passa ora all’impunità - urlò Di Pietro a Montecitorio - perché si vuole sfuggire al giudizio dei giudici. Con una beffa del destino quello che non è riuscito per il premier, prima con il lodo Schifani e poi con il lodo Alfano, entrambi bocciati, si cerca di attuarlo per un ministro del suo governo».

Ecco, se adesso quello stesso ministro dovesse però nominare un suo fidato per la carica di provveditore, siamo pronti a scommettere che Di Pietro non rifiuterebbe, anzi accetterebbe di buon grado, magari preparandosi a ricambiare il favore. Perché la casta insopportabile è sempre quella degli altri, mai la propria.

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