È l’ora dei fasciocomunisti: inciucio Pd-Fli contro Silvio

RomaMarx è morto. Mussolini è morto. Neppure Gianfranco Fini si sente bene, si sa. Ma il fantasma che si aggira nel Palazzo di Montecitorio deve angosciarlo proprio per quell’ossimoro antico, misterioso, persino un po’ mistico: fasciocomunismo. Come se lo spettro in persona di Nicola Bombacci («Nicolino» lo chiamava con affetto il Duce) si proponesse di trascinare il presidente della Camera e i rinnegati che si richiamano al liberalismo europeo giù a piombo nel Canalone di Littoria. Ops, Latina. Nemesi beffarda, e tradizione voluttosa, rivoluzione mancata dal Sansepolcrismo, il fasciocomunismo si riaffaccia oggi nelle vesti un po’ logore del Fli e si traduce ancora più modestamente nello slittamento dei cosiddetti «futuristi» verso sinistra alle prossime amministrative, per «ricomporre la frattura del ’14». Nientemeno.
Antefatto. Dove trovare precursori nobili alla camicia di forza che costringe Fini e compagni a marciare (possibilmente senza marcire) con il Pd? L’assillo ha trovato nel deflagrante Antonio Pennacchi, fratello del nostro compianto collega Gianni, ex operaio nonché astro nascente letterario (premio Strega con «Canale Mussolini», già agli onori della cronaca per il suo «Fasciocomunista»), un sicuro punto di forza. Complice il coup de foudre tra lo stesso Pennacchi e l’altrettanto esplosivo Fabio Granata - alla presentazione del libro pare che Pennacchi l’abbia accolto al grido: «Ecco un vero fasciocomunista!». Ma culminato, un mese dopo, in un faccia a faccia culturale tra lo stesso scrittore e Fini. Veni, vidi, vici: non passa un mese, e Pennacchi racconta di essere pronto a varare una lista civica «Pennacchi-Fli per Latina» che sosterrà il candidato del Pd, Claudio Moscardelli, a sindaco di Latina. Pennacchi ha delineato il contorno ideologico dell’azione: «Destra e sinistra non hanno più senso. L’unica differenza è tra chi ha senso dello Stato e chi, come Berlusconi, pensa solo ai fatti propri. È ora che i fasci veri tornino a casa, tornino a sinistra, superando la frattura del ’14. I fascisti tornino a San Sepolcro!».
I fatti. L’idea sta germogliando. Al punto che il pur prudente Bocchino, che dice di voler ancorare il Fli alle destre europee, comincia a sottolineare che il «parallelismo tra fascismo e destra è errato dal punto di vista storico e politologico». Nel suo studio, giorni fa, si dice che abbiano dovuto dividere gli onorevoli Antonio Buonfiglio e Claudio Barbaro che fascisticamente si misuravano sulla proposta fasciocomunista. Così come pare stia nascendo una lista «anti-Cav» (tutti dentro, nessuno escluso) nella berlusconiana Olbia. L’ex assessore romano alla Cultura, Umberto Croppi, scaricato da Alemanno, ha preso il toro per le corna e ieri ha confermato ciò che teorizza da settimane (appunto da quando è stato scaricato): «Mai più con Berlusconi». E si è fatto alfiere del «laboratorio-Latina» sul sito di un altro «proto-fascio-comu-futurista», Filippo Rossi, che a sua volta espone il brillante sondaggio condotto tra gli internauti. Su 650 e rotti, quasi il 70 per cento sposa Bersani, il 25 è contrario, il 5 non sa. Però la lettura del sito «il Futurista» resta edificante per apertura e vivacità culturale che non è da tutti, nel Fli. Le voci dissonanti crescono, se è vero che l’ex ministro Ronchi ha già minacciato un Aventino personale qualora prevalesse il fasciocomunismo e l’ex sottosegretario Urso ha già respinto la proposta di Pennacchi ed è pronto a ribattezzare il proprio partito «Passato e Regimi» se dovesse prevalere. Altri sondaggi tra i circoli, esibiti dai malpancisti, riporterebbero una schiacciante maggioranza dei contrari. Eppure lo stesso quotidiano «Secolo» epurato, due giorni fa proponeva come editoriale la soluzione Latina come l’unica per rilanciare la tormentata pattuglia. Segno, tra parentesi, che forse l’uscita dell’ex direttora Flavia Perina non corrispondeva soltanto a mancanza di futuro e libertà, quanto alla giusta volontà di cominciare a scrivere sul «Fatto» uno dei fogli più trendy della sinistra.
Controfatti. Grande è la confusione, nel futuro della libertà. Ma anche rispetto al passato, non si scherza.

Ora, tralasciando che la rottura sull’interventismo del ’14 c’entra poco o nulla con quanto Mussolini farà in piazza San Sepolcro il 23 marzo del ’19, di una cosa si può essere certi. Se in quella eterogenea piazza autoconvocata, Lui avesse proposto come obbiettivo un orizzonte con Bersani, lo scempio di piazzale Loreto sarebbe stato anticipato di ben 26 anni.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica