È l’ora del «patriottismo economico»

Alberto Toscano

da Parigi
I commenti francesi all'ipotesi di Opa di Enel sul gruppo Suez si dividono in due scuole di pensiero: quella che - non credendo affatto a una vera Opa - pensa a un tentativo italiano di entrare in una sorta di grande lottizzazione europea dell'energia e quella che, prendendo sul serio il «pericolo», denuncia una presunta «aggressività italiana». Minimo comun denominatore tra le due interpretazioni della strategia di Enel è il cosiddetto «patriottismo economico». Che si trovino di fronte a un tentativo di spartizione delle influenze o a un attacco finanziario in piena regola, i francesi considerano con ostilità l'iniziativa italiana perché tocca il nervo scoperto del loro orgoglio nazionale. Di qui un riflesso «patriottico».
Se un presidente del Consiglio italiano parlasse di «patriottismo economico», i leader dell'opposizione e i commentatori universitari scenderebbero subito in campo per dire che non ha capito nulla dell'Europa e della globalizzazione. Invece il primo ministro francese Dominique de Villepin parla ben volentieri del concetto, sottolineato al tempo stesso dalle affermazioni nazionalistiche del titolare dell'Economia e delle Finanze Thierry Breton. Ma nessuno si sogna di criticare questo atteggiamento.
La Francia è fatta così: prima trova normalissima l'acquisizione di molte società italiane da parte dei loro concorrenti parigini (come nel caso dell'Opa di Bnp-Paribas su Bnl) e poi grida allo scandalo ogni volta che una società della penisola tenta di varcare le Alpi a cavallo di un'Opa. Così come sta attualmente accadendo con l'Opa degli indiani di Mittal Steel sul gruppo siderurgico Arcelor, nessuno si spinge ad affermare che l'eventuale attacco di Enel a Suez sia di per se stesso inconcepibile: ci si limita a dire che l'attaccante dovrebbe preventivamente accordarsi col management della società concupita. Peccato che i dirigenti di EdF, il gigante elettrico transalpino controllato dallo Stato, si siano ben guardati da ogni ipotesi di concertazione quando, all'epoca del governo di sinistra guidato da Lionel Jospin, hanno lanciato il loro attacco al capitale Edison. Una storia che il quotidiano Le Monde ricorda ai suoi lettori con questa frase: «Gli italiani non dimenticano che nel settore dell'energia hanno aperto le porte a Edf, visto che - dopo una battaglia durata oltre quattro anni - hanno finalmente tolto il veto all'acquisto di Edison da parte del gruppo francese, innalzando così EdF (insieme ad Aem) al rango di secondo operatore elettrico nella penisola».
Le autorità francesi pensano seriamente che le loro imprese possano imporsi all'estero, mentre gli stranieri (indiani o italiani che siano) devono sottostare alle forche caudine dell'accordo preventivo con le loro prede (o presunte tali). Un modo come un altro per sostenere la concezione finanziaria di un diritto di caccia a senso unico: solo per le aziende francesi all'estero o al massimo per le aziende francesi tra loro. Anche questo è patriottismo. Ecco il quotidiano parigino Libération sostenere che «l'appetito di Enel per il gruppo franco-belga Suez rilancia il dibattito sul patriottismo economico».
Un dibattito inevitabilmente destinato a politicizzarsi. Per due ragioni: l'intervento delle massime autorità dei due Paesi («Silvio Berlusconi ha chiesto a Jacques Chirac di rimanere neutrale», scrive Le Monde, e la possibile replica francese, con la fusione tra Suez e Gaz de France (GdF).

Quest'ultima operazione scatenerebbe una polemica interna, visto che implicherebbe la privatizzazione del gigante del gas, oggi completamente in mani pubbliche. I sindacati francesi sono contrari sia alla privatizzazione di GdF sia all'Opa di Enel su Suez. Insomma, le polemiche non mancano neanche nel regno del «patriottismo economico».

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