L’ostello della gioventù ora punta sugli anziani

Basta camerate e servizi «spartani»: le strutture vogliono adattarsi a ogni età

Nino Materi

Diciott’anni lei, diciott’anni lui. Le prime vacanze di Alessia e Giovanni? Con «mamma» e «papà». Non quelli veri, ma «papà albergatore» e «mamma albergatrice». Così infatti vengono chiamati dai ragazzi i responsabili degli ostelli della gioventù. Alessia, diplomata al liceo linguistico, viene da Crotone e ha trovato posto nell’ostello della gioventù di Firenze, dopo una ricerca sul sito hostelscentral.com (portale che vanta più di 1300 destinazioni e una media di 600mila visitatori al mese): «Amo l’arte e a Firenze non c’ero mai stata. Con i soldi che potevano darmi i miei genitori sarei potuta rimanere al massimo un giorno in un albergo “normale”, in questo modo potrò invece restare una settimana».
Giovanni, neo ragioniere, viene da Campobasso e ha trovato posto nell’ostello di Venezia: «Una città indescrivibile, che sto scoprendo con i ragazzi che dividono con me la stanza dell’ostello».
Due storie come tante altre, come le migliaia di storie che da vent’anni riempiono la vita di Cristina Botta, la decana delle «mamme albergatrici»: «Praticamente siamo l’equivalente dei direttori di albergo - spiega la signora Botta -, con la differenza però che i nostri ospiti non sono trattati come dei semplici clienti, bensì come degli amici con i quali instaurare un rapporto duraturo nel tempo».
Quando il marito faceva l’assicuratore, Cristina ha girato il mondo e lavorato per 10 anni per l’istituto Intercultura: qui ha maturato l’amore per i giovani in una sorta di globalizzazione ante litteram. Poi, 23 anni fa, il trasferimento a Bergamo dove è diventata per tutti la «Signora degli ostelli».
Un boom, quello degli ostelli, che negli ultimi dieci anni - complice i costi raggiunti da alberghi o residence - ha visto trasformare una realtà semiclandestina in un fenomeno emergente. Con standard qualitativi corrispondenti a un hotel a tre-quattro stelle: addio alle camerate, oggi le stanze sono al massimo di quattro letti, tutte con bagno. Con il vantaggio di avere dei prezzi che sono di molto inferiori persino a quelli proposti dalla più scalcagnata pensione a una stella.
E così le ferie in ostello sono diventate il soggiorno di «tendenza» per una fascia di giovani tra i 18 e i 36 anni, la maggior parte dei quali di nazionalità italiana; ma a trovare «particolarmente accoglienti» le strutture gestite dall’Aig (Associazione italiana ostelli della gioventù) sono anche ragazzi tedeschi, francesi, spagnoli, americani, inglesi, australiani e giapponesi.
«Si tratta di giovani dall’alto livello di scolarizzazione, una cultura che li diversifica dai loro coetanei on the road degli anni ’60 ai quali, però, restano accomunati dal sogno di cambiare il mondo viaggiando con lo zaino in spalla», spiega Cristina Botta, memoria storica dell’Aig e responsabile di due ostelli tra i meglio organizzati in Italia (a Bergamo e a Lovere, sul lago d’Iseo).
Strutture di cui sarebbe orgoglioso il maestro Richard Schirmann, l’insegnante di tedesco che nel 1909 fondò il primo «ostello», utilizzando come rifugio di fortuna un cascinale trovato durante una gita con la sua scolaresca. «Nel 1995 gestivamo 54 ostelli, oggi sono 108 con una percentuale di presenze che negli ultimi dieci anni è aumentata del 49% - spiegano i responsabili dell’Aig -. Inoltre abbiamo aperto le porte delle stanze alle famiglie e a gruppi impegnati in corsi e stage. Le famiglie, ad esempio, nel 1995 rappresentavano il 2% degli iscritti alla nostra associazione, ora hanno superato il 10%; trend in crescita pure per le comitive di studio che rappresentano il 6% della nostra utenza. Senza contare il target della terza età, che presenta potenzialità enormi».
«La componente legata al rapporto qualità-prezzo è sicuramente importante, ma non costituisce il valore aggiunto della nostra offerta - sottolinea la signora Botta -. Chi sceglie l’ostello lo fa infatti anche perché ama confrontarsi, conoscere e vivere situazioni difficili da replicare in altri contesti. La parola “ostello” è insomma quanto di più lontano possa esistere dal concetto di razzismo, divisioni e steccati. Qui nessuno si sente diverso dall’altro, anche se si proviene da parti opposte del globo. Un sogno che annulla il confine tra il mondo ricco e il mondo povero».
«Il problema è che, pur potendo contare su strutture presenti in ogni regione, la nostra ricettività resta limitata - fanno notare all’Aig -.

Ed è un peccato, considerato che le nostre tariffe richiamano l’attenzione degli “anziani”, over 60 che paradossalmente chiedono ospitalità agli ostelli della gioventù». A dimostrazione, forse, che non si finisce mai di essere giovani.

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