L’ultima di Ahmadinejad: Usa e Inghilterra spariranno

I suoi alleati s’agitano nelle retrovie elettorali travolti dai voti dei conservatori moderati e dei riformisti, ma il presidente non si scompone. Lui ha altro a cui pensare. Lui ha certezze ben più alte dalle terrene elezioni. Lui sente vibrar nel cuore le «divine promesse». Lui già auspica, dopo quella annunciata d’Israele, anche la scomparsa di Stati Uniti e Gran Bretagna. «Come i faraoni», così un Mahmoud Ahmadinejad in vena di profezie illustra l’inevitabile cancellazione dalla storia di America e Inghilterra. Il motivo di tanto nefasto destino è, ovviamente, l’abbandono del sentiero divino. La retta via garantirà invece la salvezza, la sopravvivenza e il potere della Repubblica islamica.
L’anatema scatta sulla strada di Javanroud, capoluogo di quelle regioni occidentali dove l’instancabile presidente continua il giro del Paese lanciato, come dice lui, per portare il governo a casa dei cittadini. «Le potenze oppressive spariranno mentre il popolo iraniano supererà la prova. Le potenze vicine al Signore sopravvivranno mentre quelle lontane da Dio scompariranno come i faraoni», annuncia Ahmadinejad rilanciando quei toni messianici cari alla setta dell’hojjatieh che fanno aggrottare la fronte a tanti sostenitori dell’ortodossia sciita iraniana. Osteggiata dallo stesso imam Khomeini che ne impose lo scioglimento, la setta attribuisce un ruolo centrale al ritorno del dodicesimo imam, ovvero a quell’«imam scomparso» destinato, nel credo sciita, a tornare sulla Terra per salvarla dal disfacimento e dalla corruzione.
Identici toni messianici aleggiano nelle parole di Ahmadinejad. «Stati Uniti, Gran Bretagna e regime sionista - dice il presidente - sono destinati a scomparire perché si sono allontanati dagli insegnamenti di Dio». I primi a svanire sulla più ristretta scena iraniana sono, intanto, il suo mentore ayatollah Mohammad Taghi Mesbah Yazdi e il gruppetto di fedelissimi lasciati a dirigere il comune di Teheran dopo la promozione di Ahmadinejad da sindaco a presidente. L’ayatollah Yazdi considerato l’ispiratore della rinascita della hojjatieh è finito sesto nelle elezioni per l’Assemblea degli esperti dominate dal pragmatico ex presidente Hashemi Rafsanjani. I «falchi» che alle precedenti elezioni conquistarono il municipio di Teheran sotto la guida di Ahmadinejad sembrano, invece, sull’orlo della disfatta. Dopo cinque giorni di scrutinio e l’80 per cento dei voti esaminati otto dei quindici seggi sono nelle mani dei conservatori moderati e quattro in quelle dei riformisti.

La corsa dei conservatori moderati è guidata da Mohammed Baqer Qalibaf, un ex capo della polizia proveniente dai Guardiani della rivoluzione travolto alle presidenziali del 2005 dall’inatteso successo di Ahmadinejad. Il radicalismo politico del nuovo presidente ha reso però popolare la figura di questo aspirante sindaco che ha messo in lista un vincitore olimpico di taekwondo e due campioni olimpici di lotta.

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