Lampedusa, strage di clandestini in mare

Tra le persone sommerse dalle onde e non ancora ritrovate ci sono anche numerosi bambini. La Procura di Agrigento indaga per disastro colposo

Gaetano Ravanà

da Lampedusa

Una nuova tragedia nel Canale di Sicilia. Un barcone con 120 persone a bordo che si è capovolto a solo 10 miglia dalla più grande delle Pelagie intorno alle 3,35 di ieri. Il bilancio ancora una volta è drammatico: 10 morti accertati, tra cui 4 donne, 40 dispersi e 70 persone tratte in salvo grazie anche al tempestivo intervento delle motovedette della Guardia costiera dirette dal comandante Michele Niosi.
«Il problema non erano le condizioni del mare, ma il carico di gente che si trovava su quel natante. Ci siamo resi conto subito della gravità del naufragio. C’era molto buio, tanta gente in acqua. Abbiamo fatto il possibile, ma per tanti non c'è stato nulla da fare. Si sono inabissati. Tre giorni di viaggio con temperature superiori ai quaranta gradi, finiscono con il creare seri problemi di salute».
Il barcone era stato avvistato dalla nave «Minerva» della Marina Militare che lo stava praticamente scortando in porto. Secondo le testimonianze di alcuni sopravvissuti, ancora al vaglio degli inquirenti, il naufragio sarebbe stato causato anche da una manovra errata della «Minerva». A raccontarlo è stata una donna marocchina di 26 anni.
«Dopo dieci minuti dall’impatto con la motovedetta - racconta la donna - la nostra barca si è capovolta e siamo finiti in acqua. Molti compagni sono rimasti schiacciati, altri sono annegati perché non sapevano nuotare».
Altri invece sostengono un’altra tesi. «Quando abbiamo notato la nave militare - dice un sudanese di 28 anni - ci siamo tutti catapultati da una parte della barca che si è capovolta». Intanto, sono stati arrestati i 5 presunti scafisti, individuati grazie alle testimonianze dei superstiti.
Il procuratore di Agrigento Ignazio De Francisci, l'aggiunto Claudio Corselli e il pm Santo Fornasier, che coordinano le indagini, hanno ipotizzato il reato di disastro colposo. I clandestini che sono scampati alla morte, sono stati trasferiti al centro di permanenza temporanea, due di loro invece sono ricoverati prima al Poliambulatorio dell’Isola perché colti da malore e successivamente tramite elisoccorso al reparto di rianimazione dell'Ospedale «Civico» di Palermo. Entrambi sono in gravi condizioni, anche se non sarebbero in pericolo di vita.
Il viaggio della speranza era cominciato per queste 120 persone tre giorni fa. Erano partiti dalle coste libiche e sognavano la libertà. La maggior parte è fuggita dalla guerra civile in Sudan, altri sono invece dei paesi del Corno d'Africa, alcuni magrebini. Ognuno di loro ha una storia di violenza e di fame alle spalle.
La motovedetta della Guardia costiera con i dieci cadaveri a bordo è arrivata al porto lampedusano intorno a mezzogiorno. Al cimitero dell’isola pelagica non c'è camera mortuaria e pertanto, i corpi sono stati trasferiti a Porto Empedocle con la nave militare.
Le ricerche sono proseguite per tutta la giornata di ieri, ma di superstiti nemmeno l'ombra. Il mare non è molto agitato, ma non ha ancora restituito i corpi. Pertanto, stamattina di buon'ora le ricerche riprenderanno, ma nessuno si illude. A Lampedusa, sono intervenuti anche gli uomini della Protezione civile di Palermo per dare manforte ai soccorritori.

Anche i molti turisti che al momento affollano l'Isola hanno cercato di darsi da fare. In tanti si sono diretti al molo «Favaloro» per cercare di aiutare le forze dell’ordine. Sull’isola è scattata una vera e propria gara di solidarietà.

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