Landi l'occhio neoclassico che vede Gesù e turcherie

Quadri della maturità, uno svolge il tema del bello ideale, l'altro è di stampo proto-orientalista

Landi l'occhio neoclassico che vede Gesù e turcherie

Appaiono due opere nuove di un grande pittore, Gaspare Landi (1756-1830), cui dedicai una mostra monografica a Piacenza, in Palazzo Galli, e a Roma, in palazzo di Montecitorio, tra il 2004 e il 2005. Sono dipinti della maturità, che emergono in coincidenza con la giornata di studi che la Banca di Piacenza ha voluto in ricordo di Ferdinando Arisi, lo storico dell'arte di grande tradizione che ha dedicato a Landi un notevole impegno, nell'ambito degli studi sull'arte piacentina.

Sono opere intelligenti e vivaci: una è lo studio finito per l'episodio di Gesù fra i dottori del tempio dei Musei civici di Palazzo Farnese a Piacenza; l'altro, più libero, un grande bozzetto per una «turcheria», in relazione con il dipinto del Museo nazionale di Capodimonte Harun al-Rashid nella sua tenda con i sapienti d'Oriente. Due begli esempi di pittura neoclassica nella piena maturità di un artista che sentiva una profonda affinità con Canova.

L'ammirazione e l'amicizia per il grande pittore ne ispirano anche due trepidi ritratti, uno alla Galleria Borghese e uno all'Accademia Carrara di Bergamo. Canova appare parlante, umanissimo, con una intensità e una partecipazione che Landi non riserva nemmeno a se stesso, per come si mostra in un impertinente e gustoso Autoritratto con la cuffia del 1807.

Nel Gesù fra i dottori ritorna l'eco di Raffaello nella circolare armonia della composizione, ed è il richiamo al bello ideale cui si ispira l'intera produzione di Gaspare Landi. Più curioso e insolito è l'altro dipinto, raro e precoce esempio di pittura proto orientalistica, con un singolare gusto esotico che accende i colori.

Gian Lorenzo Mellini, lo studioso che, insieme ad Arisi, ha dedicato il maggiore impegno al Landi, fa alcune osservazioni interessanti sulla versione definitiva dell'opera: «Le connotazioni più interessanti dell'opera sono la sua spartana nudità di sentimento, l'estrema semplicità, quasi una forzatura della teoria mengsiana (che ne identificava il concetto con la radice suprema del classico), il senso del sacro naturalizzati, che la collocano a monte dell'incipiente gusto purista».

Dopo gli anni della formazione tra Parma e Piacenza, sotto l'influenza di Carlo Cignani e del suo emissario in quelle terre, Ignazio Stern, Landi era venuto a Roma già nel 1782, a misurarsi con Pompeo Batoni e con Domenico Corbi per avviarsi sicuro verso l'elaborazione del suo moderno linguaggio neoclassico, per il quale Mellini evoca la conoscenza del Mengs teorico, di Hamilton, di Julien de Parme, di Angelica Kaufman. È di questa prima maturità la tavola di teatrale, insistito patetismo con la Pittura che piange sull'urna di Raffaello (Milano, Pinacoteca Ambrosiana). Sul vaso dorato, abbracciato dalla dolente, si legge la scritta: «Ille hic est Rafael». È evidente la consonanza con Dei Sepolcri del Foscolo, concepiti qualche anno dopo nello stesso gusto.

Il Gesù tra i dottori rientra nella fase della piena maturità, quando il pittore dialoga con gli artisti più notevoli del suo tempo, Pietro Benvenuti e Vincenzo Camuccini, e sente sempre fortemente il dialogo con la letteratura: è certo cosa rara che la pittura possa produrre una sensazione che sembrava consacrata alla poesia, quasi sempre.

Eppure egli ha l'orgoglio di essere a Roma, dove «le arti del disegno sono affatto savie: non si stima, non si cerca altro che il vero e il bel naturale, e la bella imitazione greca... Perché nelle arti dello stile non si pensa, non si studia ugualmente? Qual'è lo scrittore che vaglia scrivendo come Landi, Camuccini, Benvenuti a dipingere, Thorwaldsen e Acquisti a scolpire: lascio l'unico e sepolto Schiassi, che per me è grande; e unico quanto Canova. Ma certo niuna scuola vi è di buono scrivere, come buone scuole sono di pittura e scultura...».

Dunque, per il Landi l'importanza di un'opera si misura dalla sua predisposizione a essere imitata. Propriamente, classico è ciò che è degno di essere imitato. Che il Landi si eserciti, oltre che sugli antichi, anche sui classici moderni, si può vedere anche nell'Assunta di Castell'Arquato (1803-1806), concepita rielaborando parti della Trasfigurazione di Raffaello e dell'Assunta di Tiziano nel Duomo di Verona. È in questo spirito che il Landi si predispone al difficile confronto con Camuccini nel suo Calvario piacentino. È evidente il richiamo allo Spasimo di Raffaello pur contenuti, nella lettura del Mellini, in favore di più impervie (e improbabili) deviazioni, dal Compianto di Mengs a Pedralbes o dalla Crocefissione di Luigi Ademollo nella Cappella Palatina di Palazzo Pitti.

A partire dal 1810 Landi inizia l'attività di professore nell'Accademia di San Luca, e nel nuovo ruolo si predispone a dipingere due grandi tele per il Palazzo Imperiale al Quirinale, ora a Capodimonte: Pericle che visita il cantiere del Partenone (1812-13), opera solenne quanto retorica, in cui il Landi sembra far frutto degli

insegnamenti del Camuccini, e una eccentrica protorientalista tela con il califfo Harun al-Rashid nella sua tenda con i sapienti d'Oriente, del 1812-1813. A quest'ultimo dipinto si ispira l'insolita e rara «turcheria» inedita.

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