Lavoro in calo, assunti solo gli stranieri

È stato come interrompere la corsa a un’auto messa a nuovo e pronta ad entrare in fase di accelerazione in vista del traguardo. A questo è equivalsa la crisi internazionale per le imprese lombarde. Dopo avere affrontato una complessa ristrutturazione imposta dai cambiamenti dell’economia globale, anziché iniziare a godere dei frutti del restyling, le aziende del territorio sono state costrette a interrompere la marcia verso la ripresa a causa della crisi economica. Risultato: calo del Pil lombardo, riduzione del commercio estero, contrazione del fatturato e stagnazione dell'occupazione, sostenuta solo dalla manodopera straniera. Così, almeno, la Banca d’Italia vede la situazione dell’economia regionale nel rapporto sull’anno 2008.
È un mix di cause contingenti e mali strutturali quello che ha portato il Pil dell’industria lombarda a perdere quasi un punto percentuale in un anno, passando da una crescita che nel 2007 era stata dell’1,7% a un più modesto 0,9% l'anno scorso. La contingenza si chiama caduta degli ordinativi e, soprattutto, del commercio estero, con un export che nel 2008 frena la propria crescita all’1,6% (era stata del 9,5 l'anno precedente) e importazioni che crollano a -2,3%, mentre nel 2007 avevano guadagnato 4,3 punti. I mali cronici, invece, sono quelli che sempre si citano quando si parla di ritardo nello sviluppo italiano, il triste refrain della carenza infrastrutturale e dello scarso sostegno alla ricerca: nel 2005 la regione spendeva in ricerca e sviluppo l'1,1% del Pil, meno di dieci anni prima, contro l'1,8% delle aree europee di riferimento, con un contributo dei privati che superava il 70% degli investimenti totali nel settore.
Particolarmente sofferenti sono i comparti dell’industria in senso stretto e dei servizi. Ma una conseguenza è anche il maggiore indebitamento, percepito come crescente dal 44,9% delle aziende interpellate dalla Banca d’Italia per la rilevazione. Indebitamento avvertito prevalentemente da quelle aziende che si trovano a dover restituire prestiti impiegati negli anni passati in investimenti che ora la crisi rende impossibile far fruttare. «Le imprese lombarde - spiega Salvatore Messina, direttore della sede milanese della Banca d'Italia - lamentano una contrazione della domanda dei loro prodotti nel 68,8% dei casi da noi interpellati. Una situazione che per il 52% selle aziende si accompagna a difficoltà di pagamento da parte dei clienti».
Le imprese rispondono riducendo i margini (45,3% delle aziende), cercando di conquistare nuovi mercati e aumentando la qualità dei prodotti (30%) e, soprattutto, riducendo i costi (72,4%), In particolare, si tagliano le spese legate al personale (74,3%) e agli investimenti programmati 43,9 per cento).
Davanti a tutto ciò cresce la stretta creditizia delle banche, che chiedono sempre maggiori garanzie alle imprese per erogare i finanziamenti. Il tasso di espansione del credito bancario è in netta fase di decrescita: +5,8 nel 2008 rispetto al +10,2 del 2007, con un'ulteriore contrazione al 3,4% nel primo trimestre del 2009. Viceversa, crescono le insolvenze e gli incagli nella restituzione dei prestiti, che aumentano complessivamente dallo 0,9 del 2007 all’1,8 del 2008.

«Davanti alla crisi e alle crescenti difficoltà delle aziende - spiega il direttore centrale della Banca d’Italia per la Ricerca economica, Salvatore Rossi - le banche hanno il dovere di essere particolarmente oculate e lungimiranti nell'erogazione di crediti. Si tatta di selezionare le imprese che presentano domande di finanziamento per progetti seri e di largo respiro». Considerando che la crisi è nata proprio dal sistema bancario, forse era il caso di pensarci prima.

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