«Il leader di Hamas in esilio primo obiettivo da eliminare»

Cinque militanti della Jihad islamica neutralizzati da un «attacco mirato» mentre i razzi Qassam lanciati da Gaza uccidono una donna ebrea

Il capo di Hamas in esilio, Khaled Meshaal, è nel mirino degli israeliani e lo stesso primo ministro palestinese, Ismail Haniyeh, potrebbe venire ucciso se fosse scoperto che ordina i lanci di missili o gli attentati contro lo Stato ebraico.
Da domenica scorsa gli israeliani hanno lanciato un’offensiva di bombardamenti mirati nella striscia di Gaza, dopo che gli estremisti palestinesi sparano da giorni missili Qassam e colpi di mortaio sulle vicine città ebraiche. Il ministro della Sicurezza interna, Avi Dichter, ha dichiarato ieri che Meshaal è nella lista degli obiettivi e verrà eliminato «alla prima occasione». Il problema è che il capo di Hamas ha trovato rifugio a Damasco e l’operazione diventa più difficile e complessa, come lo stesso Dichter ha ammesso. Però il ministro israeliano ha garantito che «Khaled Meshaal non è certamente al sicuro, né a Damasco né in nessun altro luogo. Naturalmente la difficoltà politica e operativa deve essere tenuta in conto, ma lui stesso sa benissimo che non è immune».
Il leader di Hamas scampò per miracolo a un omicidio mirato organizzato dal Mossad nel 1997 in Giordania. Due agenti israeliani riuscirono ad avvicinarlo per strada e a contaminarlo con del veleno spruzzato nell’orecchio. Fu il defunto re Hussein a salvargli la vita minacciando Israele di rompere il trattato di pace, se non fosse stato consegnato l’antidoto. Il governo di Benjamin Netanyahu dovette cedere e Meshaal scampò alla morte.
Ancora più esplicito è stato ieri un altro ministro israeliano, Benyamin Ben-Eliezer, titolare delle Infrastrutture, che ha ribadito la ripresa in grande stile degli omicidi mirati. «Io non distinguo tra chi compie gli attacchi e chi ne dà l’ordine - ha tagliato corto con l’emittente militare Ben-Eliezer -. Dico che dobbiamo metterli tutti nel mirino».
Domenica i caccia israeliani avevano colpito l’abitazione di Khalil al-Hayya, noto deputato palestinese, uccidendo otto persone, in gran parte membri della sua famiglia. I militanti di Hamas sono scesi in piazza, scortando i corpi delle vittime e chiedendo a gran voce vendetta. Da un momento all’altro ci si attende un attentato kamikaze, mentre ieri sono continuati i lanci sporadici di missili Qassam nel Negev occidentale e vicino alla città ebraica di Ashkelon.
Hamas ha minacciato una rappresaglia, per l’attacco mirato alla casa del suo deputato, «che sarà come un terremoto» per Israele. Ieri cinque militanti della Jihad islamica, uno dei gruppi più estremisti della costellazione palestinese, sono stati uccisi da un attacco aereo israeliano, mentre stavano cercando di lanciare dei missili nella città di Beith Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza. Abu Ahmed, portavoce del gruppo, ha subito dichiarato «che l’attacco non fermerà i razzi contro le città sioniste». E in serata un’altra salva di razzi ha colpito la cittadina israeliana di Sderot uccidendo una donna.
Alla luce dell’offensiva missilistica palestinese, Israel Hasson, deputato israeliano di un partito ultra-nazionalista, ha proposto di utilizzare le tasse trattenute all’Autorità nazionale palestinese per pagare i danni provocati dalle decine di Qassam sparati negli ultimi giorni.
Le reazioni internazionali.

Secondo il dipartimento di Stato Usa Israele «ha diritto di difendersi» anche se è «deplorevole la perdita di vite umane» tra i civili. La Russia giudica gli attacchi israeliani «eccessivi e sproporzionati». Un invito alla moderazione giunge infine dal ministero degli Affari esteri francese.

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