La Lega sta con Silvio: rivolta di popolo se fanno il ribaltone

Bossi: "Con le puttanate nascondono scandali veri". Calderoli: "È il golpe dei fighetta senza voce né voti". Dal Lago: "Fini per noi è un traditore Fa di tutto per affossare la maggioranza". La base preme per il voto subito ma prima bisogna varare il federalismo

La Lega sta con Silvio: rivolta di popolo se fanno il ribaltone

Roma Bossi l’ha già detto venerdì scorso nel quartier generale della Lega, davanti ai suoi: Berlusconi quella telefonata «se la poteva evitare», bastava chiamare l’amico Umberto che avrebbe poi chiamato Maroni, e finita lì, «si metteva a posto tutto», senza finire nelle grinfie dei nemici. «Silvio ha fatto un po’ il pollo», dice un fedelissimo di Bossi, «ma di telefonate di politici nelle questure ne arrivano dozzine, solo che fanno chiamare gli assistenti, non lo fanno loro direttamente, son solo più furbi dai...». Malumori? «La nostra gente, e non solo quella, pensa questo: chissenefrega delle ragazze, se a Berlusconi piacciono sono fatti suoi - racconta Giacomo Stucchi, onorevole leghista molto attivo sul territorio - Cercano di incastrarlo con queste storie perché non trovano altro, siccome non ruba come fanno altri, vanno a vedere cosa fa la sera, ma tutti capiscono che è una campagna pretestuosa».
Certo, la Lega ne avrebbe fatto volentieri a meno di Ruby. Se c’è un rimprovero che il Carroccio sta facendo, a tutti i livelli, a Berlusconi è questo: la mancanza di furbizia e di prudenza. Come se non ci fossero orde di nemici pronti a cogliere ogni minimo passo falso del premier per accusarlo di qualsiasi nefandezza e muovergli guerra, colpendo di rimbalzo anche l’alleato. «Loro vogliono parlare di queste puttanate per nascondere gli scandali veri» ha detto Bossi ai suoi nell’ultimo incontro, «come i concorsi falsi al Sud, una vergogna», e poi per cercare di bloccare la rivoluzione, «il federalismo».
Per il resto, la storiella della marocchina è catalogata dai leghisti con sostantivi che non è carino ripetere su un giornale. Il senso generale, pubblicabile, è «stupidata». Bossi è «preoccupato», dicono quelli che hanno avuto modo di parlargli, perché vede chiaro un disegno «sovversivo» per mandare all’aria il governo e sostituirlo con un papocchio gradito ai poteri forti. Con la scusa della riforma elettorale, «una cosa che alle gente non interessa affatto» spiega Manuela Dal Lago, deputata e presidente della commissione Attività produttive, e che vogliono fare «solo per togliere il premio di maggioranza». «Fini è percepito come il traditore di una maggioranza solida e forte - continua la fedele di Bossi - che avrebbe l’opportunità storica di cambiare il Paese, se lui non facesse di tutto per affossarla».
Niente è più lontano dagli umori leghisti quanto una tentazione verso tavoli o esecutivi tecnici, cosa che invece i giornali continuano a far balenare nelle cronache degli ultimi giorni. Calderoli ieri ha perso la pazienza su questo punto: «Macché governo tecnico, macché Lega interessata a un governo tecnico! Io sono preoccupato che qui, profittando delle vicende personali di Berlusconi, sia in atto un colpo di Stato, ma sarebbe il golpe dei fighetta, di quelli che frignano e che non hanno voce e voti. Ma se c’è colpo di Stato la rivolta del popolo è legittima». Un ribaltone sarebbe «un golpe» per la Lega, un’operazione «antidemocratica» secondo Berlusconi, stessa linea dunque.
Ma la Lega cosa farà? Per adesso niente, attesa tattica. Quello che i leghisti si sentono ripetere dal loro popolo in ogni festa o incontro pubblico, però, è: voto, voto, voto. Andare alle urne per azzerare tutto e dare una lezione a Fini «il traditore», «il meridionalista». I leghisti in Parlamento hanno fatto quattro conti, e sono convinti che alla Camera il Pdl-Lega avrebbe la maggioranza, e al Senato anche (grazie al premio in regioni chiave come Veneto e Lombardia). Però se Bossi attende a muovere gli eserciti è perché i decreti delegati sul federalismo fiscale sono a un passo dall’approvazione, ed è il risultato che la Lega insegue da vent’anni. Il termine ultimo è febbraio-marzo. Una volta portato a casa il federalismo, può succedere tutto. E si potrebbe finalmente fare i conti con Fini, non in Parlamento ma nelle urne.

Sempre che non facciano prima «un golpe dei fighetti». A quel punto la Lega è pronta a tornare Lega soltanto di lotta. Come ai vecchi tempi, quando si dava del «fascistone» a Fini. Molti, tra Veneto e Piemonte, non vedono l’ora.

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