Il legalitario che ha fatto uscire il rom delinquente

Uno zingaro esce di galera grazie a un permesso premio, ruba una macchina con al fianco il fratello minore e si schianta ubriaco. Abbandona il congiunto morente fregando un’altra automobile, di un soccorritore, e va di nuovo a sbattere prima di venir arrestato. L’assurda storiaccia è capitata sabato sera a Trieste. Il responsabile, Massimo Kari, della comunità Sinti, è accusato di omicidio colposo, furto, ricettazione e guida senza patente in stato di ebbrezza. Suo fratello Maicol, di 15 anni, è morto. Come mai era fuori dal carcere? Grazie a un permesso premio firmato dal direttore, Enrico Sbriglia e convalidato dal giudice di sorveglianza del tribunale dei minori, Massimo Sonego. Il problema è che Sbriglia ricopre pure l’incarico di assessore della Vigilanza nella giunta comunale di Trieste, di centrodestra. Non solo: sbandiera il tema della legalità come coordinatore regionale di Generazione Italia, il movimento che fa da spalla a Futuro e Libertà di Gianfranco Fini.
Il deputato triestino del Carroccio, Massimiliano Fedriga, che già si è scontrato con Sbriglia sulle ronde padane, ha appena finito di scrivere un’interrogazione al ministro della Giustizia Angelino Alfano. «Il testo è pronto ed in un paio di giorni lo presento - spiega il giovane parlamentare al Giornale -. Voglio capire cosa è accaduto e se sia stato giusto o meno concedere il permesso premio».
Il giovane Sinti scontava una condanna per aver rapinato un’anziana di 85 anni. Per le macchine rubate e i portafogli aveva il pallino, come dimostra la sua fedina penale. «È inaccettabile che un pluripregiudicato esca dalla cella con un permesso premio - sostiene Fedriga - Il direttore del carcere, che è pure assessore alla sicurezza, non può lasciar libero un soggetto del genere. Non ci voleva un esperto per capirlo». Il permesso è stato convalidato da un magistrato. Non solo: per Kari era già pronta la semilibertà. Ogni mattina sarebbe uscito dal carcere per andare a lavorare rientrando alla sera.
Sbriglia si difende annunciando al quotidiano Il Piccolo di Trieste che aprirà un’inchiesta interna. Rimane il fatto che Kari aveva in mano un permesso firmato da lui il 7 settembre, per raggiungere la famiglia durante un fine settimana. Il permesso era stato motivato «dal buon comportamento mantenuto dal detenuto durante la detenzione». Sulla spinosa faccenda Sbriglia spiega che «le misure proposte sono il frutto del lavoro dell’équipe degli esperti. Abbiamo messo alla prova il detenuto, lui ha tradito la nostra fiducia». Fedriga si sorprende: «Ha tradito la fiducia di Sbriglia? Ma se il personaggio viveva da sempre di espedienti e commetteva regolarmente reati?».
L’eclettico direttore del carcere fa talmente un vanto della difesa della legalità, che lunedì a Trieste ha presentato «LegalItalia» in caratteri tricolori. È il nome che si è dato il coordinamento regionale di Generazione Italia, guidato da Sbriglia. Al suo fianco c’era il padrino politico si sempre, il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, finiano della prima ora. Non è mancato il cavallo di battaglia della legalità: «Un obiettivo, una condizione irrinunciabile per costruire un’Italia Nuova, capace d’imporsi realmente come collante sociale, che creda nel rispetto delle regole e sappia applicarle con senso di equità».

Al leghista Fedriga basterebbe «una maggiore sicurezza per i triestini, che temono l’emergenza Rom, evitando di lasciare in libertà personaggi pericolosi. Forse Sbriglia ha troppi incarichi, politici e non e farebbe bene ad occuparsi di più e meglio del suo carcere».
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