Una progettazione di lungo periodo, non limitata nello spazio o ancora peggio nel tempo. Infrastrutture utili e integrate tra loro, non concentrate nel centro della città, ma estese ben oltre il raccordo. In sintesi: più strade, ferrovie e metropolitane, in grado di arrivare lontano e creare una rete efficiente, intelligente. Paolo Leoni, presidente onorario per il Lazio dellAssociazione per lingegneria del traffico e dei trasporti, colloca la mobilità al primo posto tra i mali di Roma e suggerisce la sua cura. «Si tratta - spiega - di unonta che ancora non siamo riusciti a lavare, di un peccato originale che ci hanno lasciato in eredità le precedenti amministrazioni. Dobbiamo offrire unalternativa valida per un problema noto, stabile nei numeri e preoccupante nelle dimensioni». Il Comune si è già mosso e sta per dare alla luce il suo Piano strategico per la mobilità sostenibile, a cui lo stesso Leoni ha fornito un sostanziale contributo con un pool di esperti. «Però rappresenta un punto di partenza, non di approdo. I problemi della capitale giungono da fuori, bussano ai confini del Gra e si ripercuotono ovunque. Per questo cè bisogno di una collaborazione su più fronti, altrimenti ogni intervento interno si rivelerà vano, parziale».
L'ingegnere, che è anche professore di tecnica, economia e politica dei Trasporti alla Sapienza, mette allora a confronto due diversi approcci al problema: da una parte cè chi sostiene che un uso massiccio della tecnologia sia sufficiente per ridare respiro alla città, ricorrendo in maniera sistematica a telecamere, Ztl e simili. «Dallaltra - commenta - cè chi si rende conto che lo spazio per circolare a Roma è praticamente finito. Si vogliono creare nuove centralità, si vocifera di aprire altre uscite sul Gra, ma il limite è già stato valicato da un pezzo». Allora? «Allora aveva ragione il sindaco Alemanno quando, poco dopo il suo insediamento, ha incluso nel piano molte zone dellhinterland sempre trascurate, come Acilia, Ostia, Settebagni e Prima Porta. E dentro ci metto pure direttrici fondamentali, come quella verso Civitavecchia». È giusto dunque pensare a nuove metropolitane, ma con un occhio a quanto viene fatto allestero. «Da noi - incalza Leoni - non esiste nulla di simile alla Rer parigina. Lì cè un respiro più ampio che si estende ben oltre il centro. Noi inseguiamo il progresso a ogni costo ignorando banali regole alla base delle economie di scala. Per esempio, perché i vagoni di una linea non sono compatibili con quelli di unaltra? Per la manutenzione sarebbe molto comodo.
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