Il conto alla rovescia di Pandelis Prevelakis

Esce in questi giorni per i tipi della ETP Books “Il conto alla rovescia”, ultimo romanzo dell’autore greco Pandelis Prevelakis (1909-1986), tradotto da Francesco Colafemmina, con la preziosa prefazione del professor Cristiano Luciani. Il romanzo, scritto e fatto circolare clandestinamente nel 1969, secondo anno del regime dei Colonnelli greci, narra la sfida alla dittatura e le contraddizioni di un intellettuale, il professor Alexandros Kritikós, che a partire dal giorno del colpo di stato inizia il suo "conto alla rovescia". Promette infatti ai suoi studenti di togliersi la vita entro un anno se il regime non verrà spazzato via dal ritorno della democrazia. A 50 anni dal ripristino della democrazia in Grecia, il romanzo di Prevelakis costituisce uno documento unico, al cui interno è possibile ritrovare anche un cameo di Alekos Panagoulis, intellettuale e rivoluzionario greco legato, fra l’altro, ad Oriana Fallaci che gli dedicò il suo “Un uomo” (1979). Pandelis Prevelakis, Il conto alla rovescia, traduzione di Francesco Colafemmina e prefazione di Cristiano Luciani, pagine 180, prezzo 18 €

Il conto alla rovescia di Pandelis Prevelakis
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Quel che accadde ad Alexandros quel mattino, non gli era mai capitato prima. Ridestarsi con la sveglia che indicava le nove: che vergogna! ‘Vabbè, non è arrivata Agostina? Non l’ho sentita aprire la porta.’ Tese l’orecchio per capire dove si trovas­se la sua donna di servizio. ‘Ha sistemato lo studio? Sicuramente l’avrà fatto, dato che sono le nove’. Secondo l’imprescindibile abitudine, lui stesso si sarebbe dovuto già trovare seduto a tavo­la, aver bevuto il suo caffè e letto il quotidiano mattutino. Il suo orecchio, tuttavia, non riusciva a cogliere alcun rumore. ‘Senti, pure la strada è silenziosa!’ Aprì con una certa agitazione la fi­nestra e si pose in ascolto. Niente, un mortorio. Voltò l’orologio da polso che aveva riposto a sera sulla radio: anche questo se­gnava le nove. Non c’era spazio per l’incertezza! Qualcosa s’e­ra guastato nel ritmo del mondo. Girò la manopola della radio, anche questa muta! Solo un incessante ronzio mostrava tuttavia che non era morta. Soltanto non trasmetteva nulla. Ritornò alla finestra, scrutò il chiuso orizzonte del quartiere. Non un’anima viva! Corse al telefono. La linea era staccata.

Fu scosso da un brivido. Rivolse gli occhi alla radio, dalla quale fuoriusciva lo stesso sgradevole ronzio e capì che, se aves­se dovuto essere informato di qualcosa, lo avrebbe appreso da quell’apparecchio. Che ora maledetta! La città gli parve come una trappola per topi nella quale si trovava preso. ‘Fortuna che non hanno tolto la corrente!’ Girò nervosamente l’interrut­tore, la luce si accese. ‘E come poteva non accendersi, dato che funziona la radio?’ Questa assurda azione lo innervosì ancor di più. Aprì con rabbia la porta della camera da letto e iniziò a esaminare l’appartamento. Le persiane erano rimaste chiuse; un odore di libri impolverati e di cicche di sigarette lo colpì al naso. Sotto la porta d’ingresso non c’era il quotidiano mattuti­no. Staccò il ricevitore del citofono per chiedere al portiere, ma in quel momento la radio prese ad urlare. Dagli altri apparta­menti del condominio, una folla di apparecchi radiofonici ave­va aggiunto le proprie urla. “È vietato ai cittadini di muoversi! È vietato uscire alla finestra, mettere il naso fuori dalla porta, in­contrarsi l’uno con l’altro, discutere della situazione, mostrare che si hanno opinioni o pensieri!”. Questo era il senso della tra­smissione. La radio cessò di parlare e prese nuovamente a ronza­re. La guardò con odio ingiustificato, visto che era indirizzato ad un oggetto inanimato ma questo apparecchio si apprestava a la­sciar passare la voce dei tiranni in tutte le case: la scatola ciarliera sarebbe diventata lo strumento di asservimento del popolo. La voce artificiale avrebbe violato le coscienze, intossicato la ragio­ne e avvizzito i cuori.

Questo era! La trappola per topi si era chiusa per bene. Ale­xandros cercò di riassemblare le sue idee. Chi aveva organiz­zato il colpo di stato? La destra? La sinistra? La destra aveva da tempo il potere: il colpo di stato avrebbe significato un maggior controllo dei cittadini. Che si fosse ribellata la sinistra? Pareva improbabile. Sarebbe partita qualche fucilata da parte di colo­ro che tenevano in pugno il potere. Dunque, l’estrema destra, gli uomini in divisa. Le sue previsioni si stavano avverando. Da tempo aveva presentito il fatale sviluppo degli eventi, ma un’in­giustificata noncuranza non l’aveva lasciato pervenire alla logica conclusione. ‘Adesso, ecco! Ecco! Ecco!’ Il sangue gli era salito al cervello, i suoi occhi mandavano lampi. ‘Come faremo a ri­trovare la vita regolare? Come potremo sfuggire alla preistoria? Quale sciagura ci farà riconquistare la nostra nuova libertà?’ Cercò di ricomporsi; la passionalità non gli era gradita. Uno spi­rito che prevede i fatti, persino se è incapace di indirizzarli, non ha diritto di scaldarsi.

Ciò che deve fare, lo farà a mente fredda e lo farà senz’altro! ‘Visto che determino la mia vita, posso far quel che voglio. E voglio ciò che mi sembra giusto!’

‘Sì, adesso è giunta l’ora di dimostrare che posso supportare con la vita ciò che ho insegnato dalla cattedra e con i libri’.

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