Alla X edizione del Mercato dei Vignaioli Indipendenti tenutasi a Piacenza Expo, i selfie ammiccanti con bottiglie di vino ed altra mercanzia in bella vista non si sono visti.
Atmosfere glamour e riflettori, nemmeno.
In controtendenza con l’e-commerce, qui, il rapporto tra vignaiolo e cliente è stato reale. E tutti i sensi coinvolti: il passaggio dalla chiacchierata introduttiva, alla degustazione e successivamente anche agli acquisti per chi lo desiderava, un iter naturale.
L’identikit del visitatore dal palato allenato in cerca di genuine emozioni?
Occhi sorridenti, un mood rilassato, mascherine sollevate giusto il tempo di un piccolo sorso,(nel pieno rispetto delle normative anticovid), tasche “porta bicchiere” al collo, entusiasmo composto e passione per i prodotti di onesta qualità.
Un ambiente informale e rilassato quello della fiera di Piacenza.
I vignaioli, dietro a stand minimalisti ed identici, identificabili solo dal nome della loro cantina, anche nell’ultimo di una tre giorni intensa, non hanno dato segni di stanchezza e appannamento.
Sono stati lì e ci hanno messo letteralmente la faccia, mezza, a dire la verità, essendo l’altra metà coperta dalla mascherina e tutto il cuore, quello sì, per raccontare con pazienza e passione la propria creatura imbottigliata che con orgoglio e generosità desideravano far conoscere e quindi far bere e se possibile anche vendere.
Parlava il vino, indiscusso protagonista che racconta la storia condivisa da tutti i produttori. Perché i vignaioli indipendenti sono agricoltori e capi di una azienda alla stesso tempo. Molti di loro “fanno tutto da soli “ e sono gli attori del completo ciclo produttivo fino all’imbottigliamento e alla vendita e sì, indipendenti lo sono sulla carta, ma nello spirito del Mercato sono uniti e si sostengono reciprocamente come si fa in una famiglia affiatata.
Questa idea che li unisce la spiega bene Luca Pasini, “artigiano del vino” in prima linea, con la sua azienda sul lago di Garda: riconoscere, difendere, proteggere e promuovere il lavoro dei vignaioli. “Il mercato della Fivi ( Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) nasce con lo scopo di avvicinare i produttori piccoli, che non hanno una distribuzione ramificata, al consumatore finale. Ma è soprattutto lo spirito di gruppo che c’è all’interno della federazione ad essere speciale:unirsi per aiutarsi ad accrescere la propria visibilità . Ci vogliono menti pensanti per fare ciò”, chiosa e ripone tutta la sua fiducia e stima verso la presidente della Federazione Italiana, la signora Matilde Poggi, che è anche presidente delle Cevi (Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti) che si fa portavoce di fronte alle istituzioni comunitarie delle istanze delle federazioni degli Stati europei (tra cui l’Italia) che vi aderiscono.
Che poi ci fa notare che la disposizione stessa degli stands, solo apparentemente “disordinata”, in realtà è voluta: la Lombardia (in tutte le sue zone dalla Vallecamonica alla Valtellina e giù verso i laghi e la pianura) alla Sicilia e al Lazio, poi la Basilicata e la Sardegna, e di nuovo la Campania vicino alla Valle d’Aosta e via via tutte le regioni che si mescolano tra loro. Un invito ad una passeggiata sensoriale dai ritmi lenti e casuali, per percorrere e scoprire su e giù tutta la penisola.
E non solo, perché si può arrivare fino in Francia e alla Bulgaria.
Il signor Pascal Combe del Domain Tenon, uno dei due francesi (su 647 italiani presenti) è qui al mercato perché sin che dalla sua prima edizione vi ha sempre partecipato . “ Fu l’Italia a chiedere alla Francia di aiutarla nell’organizzazione del mercato che da noi ha una tradizione consolidata. Noi ne facciamo molti durante l’anno in Francia. Così dopo aver dato una mano agli italiani, abbiamo la possibilità di continuare a partecipare, un tempo eravamo in tanti oggi siamo in due ma io ho continuato a venire, mi porto il mio vino, ormai ho i miei clienti di fiducia, il vino francese è diverso dall’italiano così io vendo bene anche qui, non gli faccio certo pagare il trasporto che dalla Francia sarebbe costoso e riesco anche fare un po’ di sconto”.
Fuori dall’Italia incontriamo anche la Slovenia e la Bulgaria.
Quest’ultima rappresentata da un viticoltore musicista, il Sig. Ivo Varbanov che dell’arte musicale e vitivinicola nutre la sua vita. E ha in serbo un progetto per unire i due mondi attraverso “progetti sperimentali di musica classica e jazz per supportare dei generi che hanno una posizione di debolezza nel sistema commerciale della musica” proprio come quella dei piccoli vigneron che necessitano di iniezioni di forza per rimanere in vita su un mercato che non li agevola.
Paolo Chirillo, medico cardiologo, ha la sua azienda in Calabria dove decise di ristabilirsi nuovamente all’età di 40 anni dopo una vita professionale molto intensa passata tra Stati Uniti e Italia. Mentre viveva a Torino dove si occupava di medicina d’urgenza, ricorda “ho visto i miei figli che giocavano sul balcone -abitavamo in centro proprio davanti alla Rai- con delle formiche e mi sono reso conto che i mei figli non sapevano nemmeno come era fatta una gallina…. volevo far vivere i miei figli in un villaggio, nei villaggi c’è cultura, si impara l’interclassismo e l’esperimento è riuscito”.
Chirillo ha ripristinato i vitigni autoctoni, caratterizzato il territorio, coltivato terre completamente abbandonate si è riavvicinato ad un mondo che rispecchia la cultura contadina, sposando la filosofia dei vigneron indipendenti e una certa idea di fare una “cose buone ma anche giuste, eticamente giuste”.
I vignaioli indipendenti sono anche questo e il loro legame con il territorio è il grande valore aggiunto che mantiene viva la ricchezza ampelografica
dell’Italia che secondo gli esperti conta più di 500 vitigni autoctoni, presenti e rintracciabili a volte solo in una piccola vallata o in un ridotto fazzoletto di terra. Perché oltre il cabernet o lo chardonnay c’è di più.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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