Lirica d’autore a Palermo

RomaMameli, Goffredo, l’autore dei contestatissimi versi del nostro Inno Nazionale, Fratelli d’Italia o Canto degli Italiani (titolo originale dell’Inno) sta per tornare. Ma non per l’ennesima discussione sull’Inno nazionale che, peraltro, non è mai stato ufficialmente adottato come tale. No, Mameli sta per sbarcare in Sicilia, come protagonista di un opera di Leoncavallo, l’autore di Pagliacci, un’opera creduta persa e di recente ritrovata da Domenico Carboni da un collezionista americano. L'esecuzione è programmata, in forma di concerto, a Palermo, con l’Orchestra Sinfonica Siciliana diretta da Alberto Veronesi, per festeggiare il doppio anniversario dello sbarco dei Mille e dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
A far perdere le tracce dell’opera di Leoncavallo, Mameli o Alba Italica, per quasi un secolo dal debutto, contribuì la prima guerra mondiale, che avendo fatto chiudere i teatri sospese ogni attività, e cancellò anche la programmazione di quell’opera, che l’autore aveva tenuto a battesimo al Carlo Felice di Genova il 24 febbraio 1916, col favore di pubblico e critica. Poi fu replicata la stagione seguente in molti teatri della nazione e, sull’onda di tale successo, era in procinto di essere tradotta in un film per il quale le trattative erano a buon punto. Poi l’opera sparì di nuovo, a causa di Fratelli d’Italia (per il quale il patriota genovese è noto, ed anche inviso, alla stragrande maggioranza degli italiani), che si ascolta in più punti nell’opera, ma che sapendo troppo di repubblica, fu sgradito sia ai Savoia che al regime fascista. Leoncavallo, prima di scrivere quell’opera, si era documentato meticolosamente sul protagonista. Tra le sue carte è stato ritrovato un quadernetto manoscritto di 24 pagine nel quale appuntò la «sua» biografia del patriota e, successivamente, volle occuparsi del libretto, vantando una laurea in lettere a Bologna, allievo di Carducci.
L’opera, sottotitolata «azione storica in due episodi», si svolge a Milano, autunno 1848, in casa del patriota Carlo Terzaghi, del quale Mameli sposò la figlia; e a Roma, giugno 1849, in una casa sul Gianicolo, mentre infuria la battaglia che segnò la fine della breve esperienza della Repubblica Romana. E si conclude con la morte del poeta, non ancora ventiduenne, in battaglia, fra le braccia di sua moglie, Delia Terzaghi, mentre si ode in lontananza Fratelli d’Italia. Nell’opera, la storia d’amore del poeta si intreccia con le vicende patriottiche risorgimentali (vi compaiono noti personaggi storici come Enrico Dandolo, Luciano Manara, ed anche la Principessa di Belgioioso, con fascia tricolore e fucile in mano), al punto da far dire a Daniele Rubboli che Leoncavallo, nel Mameli «interpreta il dramma di un idealista innamorato che, sulle barricate, confonde patria e donna, politica e amore».

Leoncavallo, convinto interventista a fianco degli alleati (Francia e Inghilterra) e tra i primi firmatari di un manifesto antitedesco redatto dall’Associazione artistica internazionale, si giocò il rapporto con l’editore Sonzogno, che ai teatri tedeschi teneva, e fu costretto a depositare l’opera a suo nome presso la Prefettura di Milano, nella versione per canto e pianoforte, assicurandosi così i diritti d’autore futuri; ma, per far fronte alle spese immediate, dovette vendersi la villa di Brissago, in Svizzera. Alla sua morte, tutti i manoscritti vennero venduti ed andarono perciò dispersi, compreso il Mameli che, successivamente, è stato acquistato a un’asta da un collezionista americano, che ne è l’attuale proprietario.

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