LA LOGICA DELLA FAZIONE

La polemica che subito è divampata per la libertà condizionata concessa a Barbara Balzerani rischia di ridurre al livello d’un usuale e rituale scontro politico un tema - quello dei lasciti e dei postumi che gli anni di piombo ci hanno tramandato - che ha ben altra dimensione. Non si può pretendere che il Paese, uscito dalle tenebre di un periodo orribile ma non smemorato, assista senza trasalimenti e senza reazioni all’indulgenza di cui godono coloro che sacrificarono vite umane, che non conobbero la pietà, che come la Balzerani - alias compagna Sara e compagna Luna - mai si dissociarono formalmente dai crimini del loro passato. Adesso la Balzerani torna a un’esistenza normale, e questo è tutto fuorché normale.
Non ho dubbi sulla regolarità burocratica dell’iter attraverso il quale la Balzerani ha potuto, dieci anni dopo la condanna, avere permessi di lavoro, e dopo vent’anni non subire altra costrizione che l’obbligo di residenza a Roma. Le misure adottate in suo favore non sono, si assicura, un premio, ma è il risultato d’un processo di riabilitazione previsto dai regolamenti penitenziari. A dire il vero è difficile scorgere sintomi di redenzione, o di pentimento, se non di rimorso, in chi dopo la cattura e durante il processo insistette in atteggiamenti da irriducibile, e polemizzò con alcuni capi brigatisti che almeno avevano pubblicamente e solennemente ammesso l’irripetibilità della loro funesta esperienza.
Può darsi che le norme non esigano dai condannati, che vogliono fruire di benefici, la totale sconfessione di quanto fecero in altra stagione, spargendo molto sangue. Ma il buonsenso dell’uomo della strada vorrebbe - da chi non osa proclamarsi innocente perché le sue responsabilità sono conclamate - un atto di contrizione. I nobili intellettuali della sinistra che tacciano di bassa propaganda l’indignazione espressa, in questa circostanza, da esponenti dell’opposizione, dovrebbero spiegare quale significato abbiano per loro la pena e la sua espiazione. I presidenti delle Corti d’assise scherzano quando leggono le sentenze? Si direbbe di sì perché tre ergastoli suonano come una pronuncia definitiva e immodificabile, e invece cammin facendo evaporano. Non vorrei essere frainteso. Barbara Balzerani ha pagato più di alcuni affiliati alle Br il suo debito con la giustizia e la società. Abbiamo assistito, purtroppo, a colpi di spugna scandalosi di cui hanno beneficiato assassini tra i peggiori del tempo brigatista.
Eppure rimangono perplessità e amarezze perché le pene risultano essere soltanto teoriche e le morti delle vittime sono invece spaventosamente concrete.
Ammiro la generosità di Maria Fida Moro che non si è opposta al provvedimento di clemenza. Ma capisco, eccome, lo sconforto e la rabbia dei familiari d’altri uccisi per mano della Balzerani o con la sua volonterosa collaborazione. Non è che il delitto resti impunito, è che la pena non viene eseguita. Lo so, la detenzione deve essere rieducativa e non afflittiva. Concetto ammirevole che tuttavia, nelle prediche che da certi pulpiti ci vengono rivolte, funziona a intermittenza.
E sia. Barbara Balzerani merita forse comprensione per avere dedicato i migliori anni del suo triste percorso umano a distruggere vite di innocenti. La si tratti pure con indulgenza.

Ma per il vegliardo Erich Priebke che uccise per ordini superiori, nel colmo di una spietata guerra mondiale, e dopo aver subito l’indottrinamento di un regime perverso, nessuno sconto, resti sotto custodia fino all’ultimo respiro. C’è qualcosa di tremendamente meschino in questa logica della fazione.

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