La strategia è chiara e ogni giorno si aggiunge un tassello al muro della mistificazione. Del resto, la linea l’avevano data fin dal primo momento Antonio Di Pietro e Rosy Bindi e, al di là di imbarazzate prese di distanza di facciata, quella resta. L’obiettivo finale è sostenere: 1) che Berlusconi l’aggressione di domenica se l’è cercata, 2) che in fondo il vero violento è lui, 3) che sta strumentalizzando l’attentato per sovvertire la democrazia, 4) che bisogna abbattere il tiranno. I cannoni di carta della sinistra sono già alle fasi 2 e 3. La Repubblica, L’Unità e Il Fatto travagliesco, ognuno a suo modo, si adoperano attivamente per rovesciare la realtà. Ieri Ezio Mauro ha evocato la P2, mentre Concita De Gregorio ha scritto (senza arrossire) di piano eversivo della maggioranza. Gomez e Travaglio hanno invece scelto un’altra strada e hanno elaborato una paginata per dimostrare che Berlusconi insulta gli avversari, quindi come fa a lamentarsi? Un indigeribile frullato in cui a occasionali giudizi politici, anche sferzanti, pronunciati dal Cavaliere viene dato lo stesso peso di insinuazioni e insulti personali sferratigli contro in continuazione. E allora il «coglioni» sfuggito durante una campagna elettorale («Ho troppa stima degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare contro il loro interesse», la frase esatta) viene messo sullo stesso piano di una ossessiva campagna mediatica durata mesi allo scopo di sputtanare il premier italiano in tutto il mondo. L’«utile idiota» affibbiato a Giuliano Amato per significare che faceva da paravento agli allora Ds può essere assurdamente paragonato alle atrocità (malato, pedofilo, mafioso) riversate sul Cavaliere da giornali e parlamentari. Gli attacchi, tutti politici, a certa magistratura farebbero, secondo il gatto e la volpe del Fatto, il paio con le accuse di essere di volta Videla, Mussolini, Hitler, il Diavolo in persona rivolte al premier un giorno sì e l’altro pure da Antonio Di Pietro. Già, sempre a Di Pietro si finisce. Ieri l’ex pm è saltato direttamente alla fase 4 e in un’intervista all’Unità ha in pratica rivendicato non solo l’attentato di domenica, ma anche tutti i futuri ed eventuali tentativi di eliminare fisicamente Berlusconi. La direttora Concita De Gregorio, sì quella che va in tv a dare lezioni di giornalismo agli altri, si è spaventata e ha ordinato di nasconderla per bene: una colonnina in una pagina di sinistra, nessun richiamo in prima. «Siamo un foglio semiclandestino», deve aver pensato, «Se la piazzo lì magari non se ne accorge nessuno». E invece... Che cosa dice Tonino? Due cosette leggere leggere. Primo: «In Italia c’è il fascismo». Secondo: «Per fortuna c’è qualcuno che inizia a fare resistenza, ci sono i partigiani». Leggere per credere. Si parla del ferimento di Berlusconi a opera di Tartaglia. E lei non ha niente da rimproverarsi?, domanda l’anonimo intervistatore. Risposta dell’ex pm: «Si scambia la vittima per l’aggressore, quando c’è un governo fascista e piduista per fortuna c’è qualcuno che inizia a fare resistenza». Sì, ma in Italia non c’è il fascismo, obietta il giornalista. Risposta: «Scusi, ma quando c’era il Duce, la colpa era di chi denunciava o di chi limitava la libertà? Ci si poteva liberare di lui senza i partigiani?». Ma l’Italia è una democrazia!, esclama l’interlocutore (giustamente, c’è un limite anche per chi lavora all’Unità). Ma Di Pietro non fa una piega: «La democrazia c’è solo con la pluralità dell’informazione, e in Italia è controllata, la magistratura è ridotta all’impotenza, la Corte Costituzionale è accusata di guerra civile. L’unica differenza è che non c’è l’olio di ricino». Se c’è il fascismo poi qualcuno spara, esala lo stupefatto intervistatore. E Tonino, come sempre tetragono alla logica: «Chi minaccia sono loro, che criminalizzano le opposizioni». Questo è l’uomo con il quale è alleato il Pd di Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi e al quale Pier Ferdinando Casini agogna di unirsi in un fronte nazionale di liberazione dal tiranno Silvio. E poi si indignano se si parla di mandanti morali. Ma scusate, che cos’altro è l’intervista di Di Pietro se non istigazione ad abbattere l’immaginario dittatore con ogni mezzo? E infatti la conclusione è questa: «Serve un nuovo Cln, anche con Casini, per liberarci dell’anomalia piduista. Io non abbandono il fronte». Con grande senso della notizia la De Gregorio ha nascosto tutto. La maestrina dalla penna rossa (quella che accusa gli altri giornali di mentire e subito dopo scrive che il governo vuole creare uno stato di polizia, chiudere internet e restituire i beni sequestrati alla mafia) non poteva dare risalto a dichiarazioni che mettono in grande difficoltà il suo partito e le tolgono argomenti per le sue comparsate televisive nelle quali sostenere, facendo finta di non sostenerlo, che Berlusconi quella statuetta in faccia se l’è meritata.
Ma niente paura, stasera sulla tv di Stato, pagato con i nostri soldi, si esibirà Marco Travaglio, l’uomo che ha ammesso di odiare Berlusconi e di desiderarne la morte. La fase 4 è appena cominciata.Massimo de’ Manzoni
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