«Il made in Italy vince se ha storia e un progetto»

Eleonora Barbieri

«Il vero made in Italy è quello legato a un'identità forte: non il prodotto alla moda, bensì quello che porta con sé una storia importante». Parola di Giancarlo Aneri, un imprenditore che, dal Veneto, esporta i suoi vini in tutto il mondo. E non solo il vino ma anche, olio e caffè: per cui può mostrare orgoglioso la sua oliera «tris» (olio toscano, umbro e ligure) servita al Principe di Savoia di Milano e in altri cinquecento alberghi di lusso.
«Bisogna fare il prodotto legato alla terra: il Chianti in Toscana, l'Amarone in Veneto, il Prosecco a Valdobbiadene. Perché, dietro al prodotto e alla qualità, ci vuole un progetto». È così che il made in Italy può conquistare i mercati stranieri, soprattutto quelli più ricchi, come il Giappone. Proprio nella capitale nipponica si è appena conclusa una serie di cene in stile italiano organizzate in alberghi extralusso, la prima delle quali si è svolta nello storico Hotel Imperiale di Tokyo. «È stata una vera e propria festa per l'Italia, c'era anche il nostro ambasciatore - racconta Aneri - e c'era uno chef straordinario, Enrico Derflingher, un maestro della cucina italiana, quella vera, che ha lavorato per i reali d'Inghilterra e il presidente Bush».
Made in Italy significa, innanzitutto, enogastronomia: «L'enologia trae beneficio dall'alta cucina.

Sono i nostri grandi ristoratori che hanno aperto la strada al vino italiano all'estero. Perché, quando mangi un prodotto autentico, allora vuoi bere qualcosa di altrettanto tipico. E così cerchi il Chianti, anche per accompagnare il piatto di pasta».

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